Voti migliori e, nel lungo periodo, redditi maggiori. Il tempo pieno a scuola non è solo un supporto per le famiglie che lavorano, ma anche un’opportunità educativa per ridurre le diseguaglianze. "Gli studi internazionali – spiega Antonella Inverno (nella foto), responsabile ricerca, dati e politiche di “Save the children“ – concordano nel dire che il tempo pieno ha effetti positivi nel breve e nel lungo periodo. Nel breve hanno impatto sui minori con situazioni socio-economiche più svantaggiate perché aumenta l’offerta di lavoro per i genitori. Nel lungo periodo può aiutare a migliorare i risultati scolastici negli anni a venire. Le variabili che entrano in gioco sono chiaramente molteplici, ma si stima che potrebbe impattare positivamente anche sul lavoro e sui redditi: quelli di chi ha beneficiato del tempo pieno a scuola sono il 5% in più degli altri". Da qui l’urgenza di investire per aumentare le classi a tempo pieno, a maggior ragione nei territori più periferici. "Sono tutte variabili che dovrebbero farci riflettere sull’importanza del tempo pieno e, quindi, sulla necessità di investire sulle mense. Nel Pnrr i fondi ci sono ma non bastano". Secondo una ricerca di Openpolis, sono ancora molti gli edifici scolastici che non hanno una mensa (dati 20202021). Ad esempio, nel comune di Bergamo ne sono dotati il 49,4% (tra scuole statali di tutti gli ordini e gradi), a Brescia il 37,6%, a Como il 73,2%, a Cremona il 48,8%, a Lecco il 57,6%, a Mantova il 32,6%, a Lecco il 57,6%, a Sondrio il 3,3%: significa che gli altri non hanno uno spazio mensa. E poi c’è, ovviamente, il tema degli organici dovrebbero essere aumentati.
F.P.