“Israele come la Germania nazista”, la sindaca di Brescia interviene dopo la bufera per un post su Facebook

Il consigliere palestinese Ashkar, eletto nella lista civica della sindaca, al centro della polemica. La replica: “Condanno quel post. Ma no alla contrapposizione tra fazioni”

Presentazione del Grand Prix di Atletica, Palazzo della Loggia, Brescia

La sindaca Laura Castelletti

Brescia – Dopo il polverone sollevato dal post, pubblicato e poi rimosso, con cui su Facebook il consigliere comunale Iyas Ashkar accostava Israele alla Germania di Hitler, arriva la risposta della sindaca di Brescia Laura Castelletti (nella cui lista civica era stato eletto il consigliere di origine palestinese). "La recente vicenda che ha coinvolto il consigliere comunale Iyas Ashkar ha sollevato molte, differenti reazioni, sia a livello politico, sia nella comunità bresciana. La condivisione di un post che accosta Israele alla Germania nazista è profondamente sbagliata e contraria ai valori di rispetto e convivenza che Brescia promuove. Questo tipo di linguaggio è inopportuno e inappropriato, specialmente da parte di chi ricopre una carica pubblica".

La condanna

"Condanno fermamente ogni forma di razzismo, antisemitismo e retorica di odio. Il Comune di Brescia, con l'adozione delle linee guida dell'Ihra, votata in Consiglio comunale all'unanimità, si è impegnato a combattere tali comportamenti, che non possiamo e non vogliamo tollerare", ha sottolineato ancora.

"Ho chiesto - ha continuato la sindaca - una riflessione profonda al consigliere Ashkar, che con la lettera aperta di ieri ha chiarito la propria posizione, ammettendo di aver sbagliato nella forma e nei modi e domandando scusa per aver turbato la sensibilità di chi si è sentito legittimamente offeso da quel post. Conosco bene l'integrità del consigliere, che, pur con un pesante coinvolgimento personale, si è sempre battuto per gli ideali in cui crede in modo pacifico e costruttivo".

No alla contrapposizione tra fazioni

"Ritengo, però, che quanto accaduto debba spingere tutti coloro che fanno politica in questa città a considerare con la massima attenzione l'impatto che le parole e le azioni hanno sul nostro tessuto sociale. Temi di carattere internazionale come la questione israelopalestinese non possono diventare terreno di scontro politico, di divisione e odio in una città in cui il dialogo e il rispetto sono sempre stati la base della convivenza civile", ha sottolineato. "Ho già manifestato la mia linea in modo chiaro, esponendo la bandiera della pace sulla facciata della Loggia, a ottobre dello scorso anno. Questioni complesse e dolorose come questa devono essere affrontate, e tutti ci auguriamo risolte, nelle sedi internazionali opportune, certo non nel consiglio comunale della nostra città, mettendo in scena un dibattito sterile, che si limita a contrapporre due fazioni", ha concluso.

La lettera aperta di Iyas Ashkar

"Viviamo in uno strano mondo e c’è un profondo declino intorno a noi. Ci sono persone che gridano allo scandalo per un post sui social o per uno slogan in qualche corteo, ma non si scandalizzano per la guerra stessa, anzi, criminalizzano chi chiede il cessate il fuoco, chi denuncia il genocidio di un popolo, etichettando con estrema superficialità il dissenso come antisemitismo. Non sono antisemita e non lo diventerò mai. Ma questa accusa, questa macchia che ti viene attaccata addosso quando non taci davanti a quello che sta accadendo in Palestina, è la scorciatoia per screditare ogni voce che denuncia i crimini di guerra quotidianamente commessi dal governo israeliano, da anni. È superficiale e limitato accusare di antisemitismo un palestinese, che si rispecchia nella frase di Edward Said “la tragedia del popolo palestinese è di essere vittima delle vittime”.

Credo che l’antisemitismo sia stato un atroce crimine culturale, prima ancora della sua materializzazione della Shoah, un crimine che ha portato alla nascita del sionismo, spingendo gli ebrei europei alla drammatica conclusione che il loro popolo potesse trovare la salvezza, solo creando uno stato fuori dall’Europa, lontano dalla barbarie che avevano subito. Sul sionismo la penso come tanti giornalisti, scrittori e attivisti israeliani, Ilan Pappe, Amira Hass, che ho avuto l’onore di invitare a Brescia qualche mese fa, Gideon Levi e Miko Peled. Come si può dare dell’antisemita a un palestinese, quando i palestinesi oggi sono ancora le vittime dirette e indirette di un antisemitismo che arriva da lontano, nel tempo e nel luogo? Come si può dare dell’antisemita a un palestinese che attribuisce all’antisemitismo l’origine della tragedia del proprio popolo? È del tutto inaccettabile questo approccio intimidatorio e demonizzante nei confronti di chi, come me, si batte tutti i giorni per denunciare le violazioni del Diritto internazionale e per il rispetto delle convenzioni e delle risoluzioni Onu, che, se fossero applicate, renderebbero questo pianeta più pacifico, ospitale e vivibile. Non servirebbe molto, basterebbe rispettare e far rispettare il diritto internazionale per vivere in un mondo più giusto.

Questa mia battaglia contro la colonizzazione, l’occupazione, il terrorismo e le armi l’avrei intrapresa ugualmente se a colonizzare la Palestina fossero stati gli americani, gli inglesi, i cinesi o chiunque altro, ma a colonizzare la Palestina sono stati i sionisti, che dichiarano di agire in nome del popolo ebraico, ma non è così. Sono contro il sionismo per il suo razzismo, il suo colonialismo, il suo operato fuori dalla legalità internazionale, certo di una totale impunità. Sono contro il sionismo perché nega la mia storia, le mie radici e la mia stessa appartenenza alla Palestina. Sono contro il sionismo perché è suprematista e disumanizzante. Come si fa a difendere il sionismo? Come si fa a non sanzionare il governo israeliano? Come si fa a non distinguere tra occupato e occupante? È vero, la tragedia dei palestinesi non ha bisogno di essere paragonata a nessun’altra tragedia per sottolinearne la gravità. È sbagliato ed è inopportuno cercare dei paragoni, quello che vivono i palestinesi oggi va raccontato per quello che è: atroce.

È stato inopportuno condividere quel post. Ho toccato delle sensibilità che uno come me conosce molto bene, crescendo, parlando e studiando in arabo, ebraico e inglese (l’italiano è venuto poi) ho avuto modo di sentirmi un cittadino del mondo e mettersi nei panni dell’altro è il modo migliore per affrontare tutte le questioni. Mi scuso con chi si è sentito offeso, non era questa la mia intenzione. Non era mia volontà attaccare un popolo, ma condannare la politica di uno stato (...). Sarò sempre antifascista e antisionista, mai antisemita”.