BEATRICE RASPA
Cronaca

La bonifica alla Caffaro. Reparto ancora inquinato. Società citata a giudizio

Scorie pericolose non rimosse. La responsabile chiede di patteggiare

Scorie pericolose non rimosse. La responsabile chiede di patteggiare

Scorie pericolose non rimosse. La responsabile chiede di patteggiare

Il caso Caffaro, la fabbrica chimica dismessa nel cuore di Brescia che da decenni sparge veleni nel raggio di 22 km - l’area è sito di interesse nazionale in attesa di bonifica - torna in tribunale con un nuovo processo, il 25 febbraio, frutto di un filone collaterale dell’inchiesta principale sull’inquinamento, sfociata in assoluzioni di massa. Imputata sarà Claudia Lucchiario, amministratrice di Csa (Costruzione strutturali acciaio srl): non avrebbe rimosso scorie pericolose e cancerogene dalla fabbrica. Il pm Antonio Bassolino l’ha citata a giudizio e lei spera di patteggiare. Stando all’accusa Csa, stipulato un contratto con le vecchie gestioni di Caffaro srl e Caffaro Chimica, avrebbe dovuto smontare e demolire l’impianto di produzione Chlortalonil (Ctn), smaltire rifiuti speciali e gettare in discariche autorizzate le parti rimosse, compresi i materiali di risulta. In realtà l’imputata per la procura mise in atto condotte omissive e violò la legge abbandonando in loco circa 300 metri cubi di rifiuti tossici (pezzi di impianto chimico, tubi, serbatoi, inerti) per più di un anno. Non solo: avrebbe accatastato rifiuti solidi granulari prodotto di svuotamenti e demolizioni dei reparti, senza apporre cartelli né adottare misure per evitare percolazioni nel sottosuolo, scorie organiche cancerogene e nocive, filtri, stracci. Nel reparto Cloroparaffine avrebbe lasciato che liquidi velenosi tracimassero dalle cisterne fin nei pavimenti rovinati, mentre nel reparto ammoniaca sarebbero state lasciate plastiche con incrostazioni chimiche, sempre senza cartelli e contenitori sgocciolanti.

Condotte idonee a contaminare ulteriormente le matrici ambientali, soprattutto suolo, sottosuolo e falde, è la tesi accusatoria, I rifiuti rinvenuti in via Nullo nel reparto Ctn per chi indaga erano zeppi di Pcb, la cui tossicità è accertata. Per ora in oltre 20 anni di inchieste Caffaro solo una è sfociata in condanne: quella (collaterale a sua volta) nei confronti dei vertici di Caffaro Brescia srl, la società che ha gestito la fabbrica attiva nella produzione delle pastiglie di cloro fino al 2019.