Impensabile abbandonare d’emblée gli impianti sciistici che sono fulcro del tessuto economico e sociale delle montagne oggi, ma è anche anacronistico immaginare che le piste da sci possano continuare a essere l’unico investimento possibile per lo sviluppo degli ambienti montani. Diversificare, puntando su capitale umano ed innovazione: questa la strada, secondo Anna Giorgi, professore ordinario dell’Università degli Studi di Milano e responsabile del polo Unimont della Statale di Milano (la sede è a Edolo), che ha appena pubblicato il libro bianco nazionale sulla montagna, studio dettagliatissimo che analizza dati e prospetta ‘visioni’ per superare la marginalità delle aree montane. "Bisogna premettere che le montagne sono definite sentinelle del cambiamento climatico e da tempo ci dicono che è in atto una rivoluzione. Le temperature che avevamo a 1.500 metri nel 1800, ora le abbiamo a 2.000 metri; i teli per salvaguardare i ghiacciai non funzionano più, perché sotto il ghiaccio si spacca. Sappiamo che entro fine secolo, l’80% dei ghiacciai alpini non ci sarà più. Questo scenario ha impatto su tutto, compreso il turismo invernale".
Adattamento significa esser pronti a cambiare, senza necessariamente vivere male. "Sulle stazioni sciistiche, non si può dire basta dall’oggi al domani, perché arrivare alla soluzione estrema del chiudere tutto perché la neve non c’è creerebbe un impatto negativo, di abbandono di questi luoghi. Non siamo pronti assolutamente al backup. Prepararsi significa che magari gli investimenti degli enti pubblici, però, non siano monodirezionali, ovvero mirati a tenere in piedi qualcosa che sta mostrando fragilità e che fra 30 anni sarà più difficile mantenere. Questo cambiamento va preparato con la gente del luogo, bisogna fare riflessioni, ingegnarsi. Le soluzioni alternative per tenere viva l’economia della montagna, anzi rinvigorirla, ci sono". Il Libro bianco evidenzia, ad esempio, una tenuta dell’agricoltura di montagna, che attira anche molti giovani, così come ci sono buone prospettive per tutto il mondo delle guide alpine, delle attività anche estive. "Serve un lavoro strategico di prospettiva – sottolinea Giorgi – con l’obiettivo di guidare le comunità a trovare altre vie, per sdoganarsi da modelli che sono a rischio per effetto dei cambiamenti climatici". Non c’è un unico ingrediente: serve innovazione, risorse, servizi, partendo dal monitoraggio dei dati, di cui spesso le istituzioni si dimenticano.
Federica Pacella