BEATRICE RASPA
Cronaca

Lady Golpe conferma le accuse: “Sulla strage ho subito pressioni”

Donatella Di Rosa: “Nel processo di Brescia a Toffaloni non ho ritrattato nulla”

Donatella Di Rosa in una foto d’archivio

Donatella Di Rosa in una foto d’archivio

Brescia – “Un nuovo viscido tentativo di manipolazione”. “Delegittimazioni”. “Strumentalizzazioni”. Si erano appena spenti i riflettori su Lady Golpe dopo che lo scorso 23 gennaio in videoconferenza aveva testimoniato davanti al tribunale dei minori di Brescia, al processo per la strage di piazza Loggia - imputato è Marco Toffaloni, ex ordinovista veronese da anni cittadino elvetico, accusato di essere, all’epoca sedicenne, uno degli esecutori materiali dell’attentato - che si sono già riaccesi. E a girare l’interruttore è sempre Donatella Di Rosa, 65 anni, la donna che di recente aveva fatto scrivere (ancora) di sé in merito a un presunto sexgate che vedrebbe protagonista il generale dei carabinieri del Ros, Massimo Giraudo, investigatore di punta della procura proprio per la strage. E che a sentir lei avrebbe tenuto condotte manipolatorie e censurabili nei suoi confronti (tra cui l’invio di una valanga di messaggi e video sconci, ora al vaglio di un’inchiesta della procura di Roma).

Di Rosa ha scritto a Il Giorno per stigmatizzare il contenuto della deposizione avvenuta a porte chiuse, al termine della quale in molti erano usciti tirando un respiro di sollievo perché sembrava che avesse minimizzato le accuse all’ex colonnello. Invece è stato tutto il contrario, dice: «Non ho mai ritirato assolutamente nulla, ho confermato le pressioni» chiarisce Lady Golpe definendo ‘ridicola’ l’affermazione secondo cui la presenza del figlio agli interrogatori in casa sua rendesse impossibili tali pressioni. Per capire serve riavvolgere il nastro. Balzata agli onori delle cronache negli anni ‘90 quando parlò di un colpo di Stato ordito da alti ufficiali in collegamento con i Nar - ma le sue dichiarazioni si rivelarono infondate e le costarono una condanna per calunnia e il carcere - Di Rosa qualche anno fa fu sentita da Giraudo nell’ambito dell’ultimo procedimento sulla strage di Brescia.

La storia prese una brutta piega: Lady Golpe lo denunciò di presunte molestie e appunto ‘pressioni’ per ottenere risposte pilotate, avanzando il sospetto che la medesima condotta Giraudo avesse tenuo con la teste chiave del processo in corso, Ombretta Giacomazzi (la quale però in aula ha smentito tutto). Di Rosa nel suo scritto prima stigmatizza la mancata acquisizione da parte del tribunale dei minori della chat con i «seimila messaggi» intercorsi tra lei e Giraudo, «Ovviamente molte cose sarebbero da spiegare a chi attende i colpevoli e anche a chi ha subito come me e la mia famiglia non solo una condanna ingiusta, ma anche gli sputi e i giudizi della gente che non conosce nulla». Poi ribadisce che con il generale vi sarebbero stati «incontri, telefonate, messaggi, persino incontri personali tra lui e mio figlio, che chiede di essere sentito senza riscontro, piuttosto burrascosi visto il suo comportamento». E conclude: «L’audizione in videoconferenza ha avuto problemi di audio e tutto ciò ha permesso l’ennesimo tentativo di manipolazione. Ma una cosa è certa: Massimo Giraudo nei miei confronti ha usato metodi che dovrebbero disgustare chiunque».