Temù (Brescia) - A Temù stamattina nessuno ha voglia di parlare. La località turistica dell’alta Valle Camonica si è svegliata con la notizia che tutti attendevano e che in cuore loro, pure senza ammetterlo, sapevano. A uccidere l’ex vigilessa del paese, moglie di Enrico Zani, nato e cresciuto in paese e morto a 53 anni nel 2012 dopo esser rimasto vittima di una valanga, sarebbero state le figlie e il fidanzato della maggiore Mirto, arrestati stamattina dopo mesi di indagini.
La scomparsa
Laura Ziliani era scomparsa, secondo quanto denunciato, l’8 maggio scorso, dopo esser uscita per una escursione da cui avrebbe dovuto tornare alle dieci per recarci all’isola ecologia con le due congiunte. La terza figlia, non indagata e totalmente estranea ai fatti, era restata a Brescia dove tutto il nucleo famigliare viveva (la madre e la sorella non indagata in una casa e le due sorelle in via Galvani 4) anche se Silvia e Paola Zani erano residenti a Temù, in via Ballardini 11. Alle 11.58 Silvia, 27 anni, aveva chiesto aiuto alla Compagnia dei carabinieri di Breno per la scomparsa. Già quel giorno, sabato, erano iniziate le ricerche della donna da parte della V Delegazione Bresciana del Soccorso Alpino, che coordinava in quanto responsabile nei terreni impervi, dei Vigili del Fuoco, della protezione Civile e del Soccorso Alpino della guardia di Finanza, oltre che dei carabinieri e di tanti residenti di Temù. Di Laura, però, non fu trovata alcuna traccia, tra lo stupore degli abitanti. Nonostante tutti i boschi e le vette fossero stati passati al setaccio, difatti, della donna non fu trovata alcuna traccia.
Il ritrovamento
L’otto agosto la svolta. Con il corpo di Laura Ziliani trovato a poche centinaia di metri da casa dissepolto da una piena dell’Oglio, sul cui greto la signora ha avuto la sua ultima dimora. Indosso aveva solamente indumenti intimi: slip e canottiera e non gli abiti descritti dalle figlie e fatti ritrovare vicino al fiume, forse per sviare le indagini. Lo stesso vale per le scarpe di Laura Ziliani, di marca Salomon, probabilmente abbandonate dalle congiunte o dal fidanzato Mirto, nativo di Calolziocorte nel Lecchese, ma residente nella Bergamasca. Proprio a causa di una di esse le ricerche della signora furono riprese, senza per altro avere riscontri.
I sospetti
A mettere i carabinieri e la Procura sul chi va là sono state le incongruenze nelle testimonianze delle figlie e del fidanzato Mirto, che la signora Laura non aveva mai avuto in simpatia. Tra le tante vi è il racconto della figlia Silvia che ha detto di avere visto la madre usare il cellulare la mattina della scomparsa. Cellulare che però risulta spento dalla sera precedente. Non solo: un vicino di casa che ha contattato i carabinieri per mail avrebbe visto un uomo che si trovava in casa Ziliani prendere sulle spalle Laura esanime e caricarla in auto la mattina dell’otto maggio. A trovare il corpo della Ziliani l’8 agosto era stato un bambino a passeggio col padre lungo la ciclabile dell’Oglio, attratto dal cattivo odore. Da allora le ipotesi sono state tante. La gente del posto, tranne il sindaco di Temù Giuseppe Pasina sin dall’inizio convinto che si trattasse di omicidio, ha evitato di parlare coi giornalisti. Solo una amica si è sbilanciata: Nicoleta la dirimpettaia di Laura e a lei legatissima, che risulta tra i testimoni più credibili sentiti dagli investigatori. Lei, che ha raccontato che Laura Ziliani un mese e mezzo prima della morte era stata sottoposta a una presumibile prova di narcotizzazione in seguito alla quale aveva dormito 36 ore, non ha mai voluto esporsi dicendo di pensare che le colpevoli erano le figlie, cresciute con le sue. Ora, forse, la pensa diversamente.