Brescia, 9 dicembre 2023 – “Voglio capire cosa è successo e perché è successo". Sono i giorni di Ferragosto del 2021. Nella sua abitazione di Brescia Marisa Cinelli, madre di Laura Ziliani, vive un doppio, lancinante dolore: quello di una madre che ha perduto improvvisamente la figlia, prima sparita e poi ritrovata morta in riva al fiume Oglio, domenica 8 agosto, e quello di una nonna che vede due delle sue nipoti finite sotto inchiesta per l’omicidio della madre.
Si è avvolta nel silenzio. "Non è sempre facile - dice un nipote - comunicare con mia zia. Ha scelto la solitudine. È chiusa nel suo dolore. A volte non risponde neppure a noi. Anche per noi, che siamo i parenti più stretti, è difficile contattarla". Ma non è rimasta in silenzio un paio di mesi prima, il 17 giugno, ascoltata dagli inquirenti. La figlia Laura era ancora una persona di cui si erano perdute le tracce e che veniva cercata.
Ha tratteggiato un quadro di tensioni, fino alla lite tra la figlia e il “genero” Mirto Milani, fidanzato di Silvia. "Nel corso degli ultimi mesi Laura mi disse di aver avuto un litigio con Mirto. Era stata accusata di spendere troppo per la ristrutturazione degli appartamenti di via Ballardini 11 (a Temù, ndr). Mia figlia me lo riferì perché era rimasta basita dal fatto che Mirto potesse intromettersi in maniera così invasiva in situazioni economiche che non lo riguardavano". Il verbale era in chiusura. Signora, vuole aggiungere qualcosa? Riletta alla luce degli avvenimenti successivi, la clausola finale fatta apporre da Marisa Cinelli assume un significato che va oltre il presentimento, quasi profetico: "Io non credo che mia figlia si sia smarrita nel bosco. Continuo ad avere dubbi che nemmeno sia uscita dalla sua abitazione, la mattina dell’8 maggio. È il mio cuore di mamma che me lo dice". Mamma Marisa ha capito. È la prima a capire.
Marisa Cinelli appare in pubblico il 25 febbraio di un anno fa. Nella chiesa di Santa Maria Assunta, il quartiere dove vive. È il pomeriggio dei funerali di Laura. Mamma Marisa è subito circondata. Molti la vedono per la prima volta: "Non mi occorre niente, non chiedetemi niente". Un moto spontaneo di affetto avvolge Lucia, la figlia secondogenita dell’ex vigilessa di Temù, dolce e schiva, con un leggero ritardo cognitivo. È l’altra vittima. Due volte orfana: il padre sepolto da una valanga dieci anni prima, la madre uccisa, le due sorelle accusate di essere le sue assassine.
Mesi dopo, il 27 ottobre, Marisa è nell’aula della Corte d’Assise. È l’apertura del processo al tragico trio. "Lucia, Lucia no". La voce di una donna di ottantadue anni che non finisce di soffrire. Dopo che le sue dichiarazioni sono state acquisite, la venticinquenne Lucia può essere presente al processo oppure seguirlo in collegamento. La nonna è in ansia, per Lucia sarebbe una dura prova, troppo dura. L’attenzione in aula sale quando è chiamata a deporre. La nipote Silvia piange quando la vede. È teste dell’accusa e si è costituita parte civile. Una donna anziana ma forte, composta, con un’espressione anche severa. Come al funerale, mostra tutto il suo coraggio. Facile immaginare lo strazio, ma è lucida mentre ricostruisce la tragica rappresentazione inscenata dalle nipoti.
Mattina dell’8 maggio, la Festa della Mamma. Ancora quel presentimento, quel cogliere qualcosa di stonato, di oscuro nelle parole, nei comportamenti di Silvia e Paola. "Silvia al telefono: ‘Nonna, la mamma non è rientrata’. Non mi chiamava mai. Che strano. Qualche giorno dopo mi hanno portato a Temù. Le mie nipoti mi hanno detto che la mamma era andata via spontaneamente. A me sembrava davvero impossibile. Piangevano, ma mi davano l’impressione di scarsa preoccupazione. Non ho subito pensato che loro c’entrassero, ma c’era qualcosa di anomalo. Mi dicevo ‘qui qualcosa è successo’, però non riuscivo a capire. In quei giorni sembrava che le mie nipoti avessero fatto con Mirto una famiglia a parte e avessero abbandonato gli altri miei figli, che erano lì per le ricerche".
Marisa Cinelli oggi. Una “mater dolorosa”. Una nonna che vede le nipoti schiacciate sotto il macigno della condanna all’ergastolo. È stata definita la verità dei fatti, quella che nonna Marisa cercava, voleva. Seduta sulle rovine di una famiglia, ha una ragione di vita: "Nessuno può rendermi mia figlia. Il mio unico pensiero è Lucia".