La ’ndrangheta è sempre più pervasiva. La Procura è convinta abbia messo le mani anche su un noto locale della movida, il ristorante Reverso Tower, che guarda la città dal quattordicesimo piano di una delle torri di via Flero in città: alcune quote societarie, riconducibili per chi indaga a un sodalizio di stampo mafioso, sono state sequestrate. È quanto emerge dall’ultima maxi inchiesta della Dda di Brescia, che nelle scorse ore con la finanza ha fatto finire in carcere 12 persone tra la Lombardia e la Calabria, e sequestrato 8,5 milioni. Il locale fino al 2019 era gestito da un società poi messa in liquidazione. Al momento del subentro nell’affitto dell’attività, comparvero sulla scena alcuni degli arrestati: Natalino Cambareri, 55 anni, calabrese residente in città - presunto boss di un’associazione ‘ndranghetista finalizzata a una moltitudine di reati tributari - Hug Giang V, 45 anni, vietnamita di casa nel Mantovano e Giuseppe Zeli, 49 anni, bresciano, tutti in carcere (a Brescia nell’ambito dell’indagine in questione sono stati arrestati anche Vincenzo Cacciola, 52enne di Lumezzane, Liguan Hu, 58enne cinese di Capriano, Simone Iacca, 39enne di Desenzano).
Per l’accusa dietro la proprietà del Reverso c’è il sodalizio. Attraverso la Dante srl, società di Torbole Casaglia che si ritiene una base dell’associazione, sarebbero stata foraggiata la società che formalmente acquistò il Reverso. Ad attestarlo, 178600 euro bonificati in cinque tranche nell’ottobre 2019. Per la finanza, quell’investimento è frutto di una maxi frode fiscale di 365 milioni di euro. I clan avrebbero impiantato 70 società cartiere (dislocate tra Brescia, l’Europa dell’est, la Svizzera e la Croazia) che permettevano a società esistenti di imprenditori locali di frodare il fisco e ottenere fondi pubblici illeciti. Il trucchetto era quello collaudato delle fatture false, che poi però venivano monetizzate in Cina.
Beatrice Raspa