GABRIELE MORONI
Cronaca

Delitto Mario Bozzoli, la Cassazione deve decidere sull’ergastolo al nipote Giacomo

Condannato al carcere a vita per omicidio volontario e distruzione di cadavere. La storia e le tesi di difesa e accusa

Giallo di Marcheno, l'azienda dello scomparso scomparso Marco Bozzoli

Giallo di Marcheno, l'azienda dello scomparso scomparso Marco Bozzoli

Marcheno (Brescia), 30 giugno 2024 –  Se i giudici della Cassazione confermeranno l'ergastolo, Giacomo Bozzoli trascorrerà in carcere il suo trentanovesimo compleanno, il 19 luglio.

Nella giornata di domani i giudici della prima sezione penale della Suprema Corte decideranno se rendere definitiva la pena del carcere a vita, uscita in primo e in secondo grado a Brescia, per omicidio volontario dello zio Mario Bozzoli e distruzione del suo cadavere. Mario svanì nel nulla la sera dell'8 ottobre del 2015 nella fonderia di famiglia in via Gitti a Marcheno, la sera dell'8 ottobre del 2015.

Approfondisci:

Omicidio di Marcheno: confermato in Appello l’ergastolo per Giacomo, il nipote di Mario Bozzoli

Omicidio di Marcheno: confermato in Appello l’ergastolo per Giacomo, il nipote di Mario Bozzoli

La Corte ha davanti due possibili alternative alla conferma della condanna. Annullare senza rinvio l'ultima sentenza e questo significherebbe per Giacomo Bozzoli l'assoluzione assoluta. Annullare con rinvio e rimandare il processo in appello. In questo caso, dal momento che non esiste a Brescia una seconda sezione di Corte d'appello, il processo verrebbe trasferito a Milano.

Bozzoli: sono innocente

Giacomo Bozzoli ha sempre proclamato la sua innocenza. Secondo l'accusa e le sentenze, fu invece lui ad agire, in concorso con gli operai Oscar Maggi (per il quale la procura bresciana ha chiuso l'inchiesta bis) e Giuseppe Ghirardini, addetto al forno grande quella sera, sparito e ritrovato senza vita a Case di Viso, in Valle Camonica, dieci giorni dopo la scomparsa del suo principale.

La sentenza della Corte d'Assise d'appello conclude che l'omicidio di Mario Bozzoli "è stato commesso in un ristretto ambito spaziale e temporale in cui gravitavano oltre all'imputato solo gli operai Giuseppe Ghirardini e Oscar Maggi". Alla sua responsabilità "convergono tutti i diversi itinerari probatori che si intendono percorrere".

Gli orari

Anzitutto converge "la verifica del luogo e dell'ora in cui l'imputato è risultato trovarsi rispetto a quelli in cui si trovava Mario al momento della sparizione": nel reparto forni, tra le 19.15 (dopo la telefonata dell'imprenditore alla moglie Irene Zubani per avvertirla che stava per rincasare) e le 19,18, l'orario della fumata "anomala" uscita dal forno grande, nel quale per l'accusa e per giudici fu gettato l'imprenditore. E poi converge il movente: il nipote è "l'unico in cui è risultato coesistere unitamente all'odio ostinato e incontenibile già molto tempo prima rispetto all'omicidio a sua volta germinato da un rancore altrettanto persistente nei confronti della vittima, anche l’interesse economico a ucciderla , riconducibile a interessi societari e familiari". Mario, infatti, a suo avviso, era colpevole "sia di lucrare dalla società, sia di intralciare i suoi progetti imprenditoriali".

La volontà

Per la Corte il giovane Bozzoli era l'unico che "ripetutamente aveva manifestato il desiderio di ucciderlo". E il suo interesse era diventato "impellente", con la consapevolezza che lo zio era "allarmato dalle trame truffaldine intercorse a sua insaputa" tra l’altro ramo della famiglia, quello di Adelio e dei figli Giacomo e Alex, e la ditta Bozzoli srl, che aveva fatturato 43mila euro per un intervento per un presunto forno danneggiato, che però non era mai stato effettuato. Sull'auto di Mario, rimasta nel piazzale della fonderia il giorno della scomparsa, fu trovata proprio quella fattura, "funzionale alla truffa all'assicurazione".

Telefonate e depistaggi

Non sono un caso le telefonate dell'imprenditore, in quei giorni, all'operaio Ghirardini. Chiamate senza risposte. "Stava indagando e scoprendo condotte illecite di Giacomo e suoi parenti a danno della società di Marcheno e in favore di quella (nuova) di Bedizzole", si legge nella motivazione. E non è una coincidenza il tentato depistaggio compiuto dagli operai Oscar Maggi e Aboyage Akwasi, detto Abu, "per allontanare la presenza di Mario dal forno al momento della fumata" e favorire quindi Giacomo. Quanto a Ghirardini, la Corte ritiene che "non è dato individuare altro motivo del suo suicidio se non quello di non sopportare più il rimorso per quanto ha commesso o concorso a commettere". Il suo fu un suicidio "parlante". La preoccupata conversazione intercettata in auto tra Maggi e Abu Akwasi, che il 15 ottobre andarono a cercarlo a casa senza trovarlo ("Se Beppo dice qualcosa di sbagliato siamo rovinati") sono di "prepotente rilevanza probatoria". "L'apprensione di Maggi e Abu tradisce il coinvolgimento di Ghirardini e di essi stessi nella scomparsa di Mario".

Il ricorso in Cassazione

Nel ricorso alla Cassazione i difensori, l'avvocato Luigi Frattini e il professor Franco Coppi, evidenziano, in 145 pagine, 34 motivi per l'assoluzione di Giacomo. Viene eccepita la nullità di entrambe le sentenze. Nullità, viene ribadito, perché la condanna è stata per un fatto diverso da quello contestato, ovvero "la mancanza totale di motivazione nella sentenza relativamente all'ipotetico accordo tra Giacomo e Oscar Maggi», non essendo mai stato detto «dove e quando Giacomo avrebbe convinto Maggi». Una lacuna, sostengono i legali, la cui «spiegazione viene annunciata, ma poi non ce n'è traccia». Nel mirino della difesa il cambio d'imputazione avvenuto nelle ultime udienze del processo di primo grado. L'accusa era passata da "ha ucciso lo zio e ha trasportato fuori dall'azienda il cadavere a bordo della sua auto" a "ha ucciso lo zio nel forno della fonderia". Quindi, osservano i difensori, né i giudici del primo processo né quelli dell'appello hanno garantito "l'effettività del diritto di difesa dell'imputato, il quale - una volta formulata l'imputazione da parte del pm - ha un'ovvia aspettativa a poter poter articolare la propria strategia difensiva in relazione, appunto, all'imputazione così cristallizzata, e non ad eventuali imputazioni alternative emesse nel corso del giudizio",

Approfondisci:

Giallo di Marcheno: "Io e i miei figli siamo innocenti. Nessuna tensione con mio fratello"

Giallo di Marcheno: "Io e i miei figli siamo innocenti. Nessuna tensione con mio fratello"

Un altro dei punti centrali del ricorso era il «travisamento totale della prova». Si faceva riferimento all'esperimento giudiziale e a quanto contenuto nell'atto d'appello. I difensori, in vista del secondo grado, chiedevano «dove sono finiti i resti del corpo bruciato nel forno» e la risposta, era stata: «Non ci sono stati resti». Ma «l'esperimento giudiziale con il maialino a Provaglio ha provato il contrario». E questo anche per l'odore di carne bruciata che è stato «avvertito, a differenza di quanto sostenuto dall'accusa». A tutto questo, si aggiunge «l'inutilizzabilità del contenuto delle deposizioni di Maggi e Abu che sono stati sentiti senza l'assistenza legale dovuta».