Montirone (Brescia) – Tempi duri per i profanatori di tombe al cimitero di Montirone, primo hinterland bresciano. Dopo i due saccheggi andati in scena in sequenza a fine 2022 ai danni dei feretri di due fratelli nomadi di 28 e 31 anni, morti 15 anni fa in circostanze drammatiche e rocambolesche, la notte tra martedì e mercoledì era finita nel mirino dei ladri la tomba della madre dei ragazzi, una regina rom seppellita come da tradizione insieme a ori e preziosi. Ma il colpo è naufragato per la presenza delle telecamere e dell’allarme installato dal Comune proprio in seguito alle ultime incursioni. Quando i malviventi venti minuti dopo la mezzanotte si sono intrufolati nel camposanto scavalcando il muro, l’allarme antintrusione è scattato e ha richiamato le forze dell’ordine. I banditi - un paio, inquadrati di spalle dagli occhi elettronici - sono riusciti a danneggiare parzialmente la lapide ma hanno dovuto fare dietrofront a mani vuote e darsi a rapida fuga.
“Dopo i furti del 2022 abbiamo deciso di installare alcune telecamere, all’ingresso e in prossimità della tomba della regina, che immaginavamo potesse suscitare il medesimo interesse del feretro dei figli. E tutto ha funzionato alla perfezione - ha dichiarato il sindaco, Filippo Spagnoli, soddisfatto - Ringrazio la vigilanza privata, la polizia locale e i carabinieri per il pronto intervento. Quest’episodio dimostra l’importanza delle misure di sicurezza adottate: come amministrazione ci siamo fatti trovare pronti, investendo in videosorveglianza e nell’allarme per proteggere il cimitero da atti vandalici e sacrileghi. Proseguiremo su questa strada. Anzi, invitiamo la cittadinanza a segnalare attività sospette, i controlli saranno intensificati”.
Era la notte del 24 novembre 2022 quando fu divelta la tomba del 28enne, che dimorava con la famiglia nel campo nomadi del paese (poi chiuso) ed era appunto deceduto nel dicembre 2010 in un frangente finito al centro delle cronache dell’epoca. Il giovane perse la vita con il fratello di 31 anni durante una fuga con un complice da un posto di blocco dei carabinieri: i due si lanciarono nel torrente Gandovere gonfio d’acqua e annegarono. Due settimane dopo, la tomba del 31enne, che riposava nella stessa campata del cimitero, la notte del 15 dicembre seguente, subì lo stesso trattamento da parte di mani profanatrici rimaste ignote. Ma che con ogni probabilità fanno ipotizzare a una faida (anche postuma) tra famiglie rom.