
Il matrimonio in chiesa tra Rupy Mavi, 27 anni, nata a Brescia da una famiglia indiana, e
Chiari (Brescia), 14 novembre 2021 - L’abito bianco , l’uomo di cui si è innamorati al proprio fianco, i genitori commossi davanti all’altare. Scene da un matrimonio che nel caso di Rupy Mavi non hanno solo una valenza privata, ma sono anche un esempio per le giovani donne di origine indiana che faticano a far valere la propria volontà di sposare chi desiderano, a fronte di famiglie che ancora tendono a scegliere il futuro consorte, se non addirittura a combinare le nozze. Nata 27 anni fa Brescia, dove i genitori sono arrivati dal Punjab negli anni ’80, e cresciuta a Chiari, Mavi ha già un primo record, prima donna di origine indiana ad essersi iscritta all’albo dei commercialisti. Come molti suoi coetanei, figli di immigrati, ha sperimentato la strana condizione di essere ponte tra due culture, dentro e fuori casa. "Da bambina non è stato semplice – racconta – a casa vivevo in una cultura indiana, a scuola dovevo comportarmi come una bambina italiana. È stato complesso, ma d’altra parte mi ha dato l’opportunità di conoscere e apprendere gli aspetti positivi di entrambe le culture". La sua storia di professionista l’ha già resa un esempio. All’indomani dell’avvio della sua carriera, una mamma le ha scritto che avrebbe voluto indicarla come modello per la figlia. "Sono stata tra le prime ragazze di seconda generazione ad essermi iscritta all’università. Nella comunità indiana c’è ancora questo fattore culturale per cui, ad una certa età, una ragazza deve pensare al matrimonio. Fondamentale è stato il supporto della mia famiglia, che mi ha accompagnato nel desiderio di realizzarmi come ragazza e persona prima di essere mamma e moglie". Un altro piccolo ‘tabù’ Mavi lo ha superato ora anche con il suo matrimonio: venerdì scorso, la celebrazione in chiesa delle nozze, accompagnata all’altare dal padre, è stata la prima della sua comunità. "Ci sono coppie miste – spiega – ma in genere viene scelto il rito civile. Io sono di religione sikh, ma quando Marco, mio marito, mi ha chiesto cosa volessi fare, non ho avuto dubbi nello scegliere il rito in chiesa, preceduto da una cerimonia indiana, molto basilare". Una scelta condivisa dalla famiglia, meno da alcune persone della comunità indiana. "C’è chi si è stupita del fatto che abbia sposato un italiano, evidenziando che solo pensare di sposare qualcuno di casta inferiore rappresenterebbe un problema per la propria famiglia. Qualcun’altro, invece, mi ha tolto il saluto". Il messaggio, tuttavia, che Mavi vuole lanciare è che tutto si può fare, indipendentemente da ciò che dice la gente. "Non è stato tutto semplice, mio papà inizialmente era più diffidente, fino a che non ha conosciuto Marco. Non importa ciò che pensano gli altri: meglio stare a casa propria con la persona che si ama, piuttosto che con qualcuno che è stato imposto". Dalla sua esperienza, Mavi evidenzia che di matrimoni combinati ce ne sono anche nella comunità indiana. "Conosco ragazzi della mia età che si sposano con persone mai viste prima, solo perché consigliate dalle famiglie".