Brescia, 23 novembre 2019 - Eliminata perché il suo amore era diventato troppo ingombrante. Per il pm Francesco Carlo Milanesi è questo il movente dell’omicidio di Manuela Bailo, la 35enne di Nave uccisa il 29 luglio 2018 dal suo amante e collega Fabrizio Pasini, che poi ha nascosto il corpo in un fondo agricolo ad Azzanello, nel Cremonese. L’ex sindacalista Uil, 49 anni, sposato e padre di due figli, è in carcere dal 20 agosto dell’anno scorso. I carabinieri lo avevano fermato di ritorno dalle ferie ad Alghero, passate in compagnia della propria famiglia, dopo un mese in cui aveva negato di sapere che fine avesse fatto la collega sparita da settimane. Uno scenario smentito dai fatti.
«Stavamo litigando, l’ho spinta dalle scale, lei è caduta e io ho perso la testa, ma non volevo ucciderla», ha poi ammesso Pasini, facendo ritrovare il cadavere della donna con la quale aveva una relazione clandestina. Per la Procura, che gli contesta l’omicidio premeditato e l’occultamento di cadavere – è in corso il processo in abbreviato – è soltanto una bugia. Manuela è stata deliberatamente attirata in trappola nella casa vuota della madre dell’amante, a Ospitaletto, sempre nel Bresciano, con la scusa di passare il finesettimana insieme e poi è stata sgozzata. Un giorno e mezzo dopo, Pasini, che voleva levarsi di torno quella donna che voleva vivere la storia alla luce del sole e non sapeva come uscirne, l’ha caricata in auto e ‘sepolta’ ad Azzanello, in quella cascina diroccata dove è stata trovata.
Ma per la difesa dell’amante che non voleva lasciare la moglie non c’è alcuna prova che Manuela sia stata sgozzata: colpa delle condizioni del corpo, abbandonato a lungo dentro la buca: il collo della vittima era troppo scarnificato per accertare l’esatta dinamica.