Brescia, 16 giugno 2019 - Giuseppina Ghilardi è la mamma di Daniela Bani, la 37enne di Palazzolo sull’Oglio uccisa il 22 settembre 2014 con 37 coltellate dal marito Mootaz Chambi, rimasto latitante per quasi 5 anni e ora in carcere in Tunisia. Venerdì la Cassazione ha chiuso il caso per la giustizia italiana, confermando la condanna a 30 anni. Giusy è andata a Roma per sentire la sentenza.
Signora, come ha vissuto il momento?
«Volevo esserci personalmente, ho lottato fino all’ultimo e non potevo mancare. La lettura del dispositivo è durata solo pochi minuti e quando ho sentito ricorso rigettato è stata una grande emozione. Sa com’è, poteva pure succedere il contrario, il timore c’era. L’assassino di mia figlia aveva depositato 40 pagine di memoria per farsi annullare la condanna. E dire che presi io con mio marito la sua telefonata dopo l’omicidio in cui mi annunciava che Daniela era morta. Non lo dimenticherò mai».
Con lei c’erano esponenti dell’Unavi, come si è avvicinata all’associazione delle vittime di violenza?
«È successo tramite un’amica che ne fa parte, l’avvocato Silvia Lancini che mi aveva seguita finora (con il collega Piero Pasini, Ndr). Io avevo già avuto una montagna di spese, e loro si sono offerti di portare avanti la mia battaglia dandomi assistenza legale gratuita. E a Roma mi sono accadute cose meravigliose, pensi che tre coppie iscritte all’associazione, gente mai vista prima che però conosceva il mio caso, è venuta apposta per portarmi solidarietà e pagarmi vitto e alloggio».
Lei ha vissuto anche un lungo calvario economico, ora potrà almeno accedere ai rimborsi che le spettano?
«Di provvisionale non ho visto un euro e mai lo vedrò. Quantomeno la sentenza definitiva mi consentirà di ricevere i 2.200 euro che mi erano stati promessi dalla Procura per i minori, quando non so. Poi in teoria ci sono i fondi per le vittime di violenza. Sa di che cifra parliamo? 150 euro a parente. Ridicolo, un affronto alla dignità. Mi viene voglia di lasciarli a questo Stato che invece ha tirato fuori trentamila euro per i tre gradi di giudizio a Chambi».
Con suo marito Giambattista a 66 anni si ritrova a fare da mamma-nonna a tempo pieno dei nipotini Jussef e Rayen, oggi 12 e 8 anni. Il primo era in casa quando il padre ha ucciso la madre. Come va con loro?
«La mia unica vera gioia, visto che Daniela non me la ridà indietro nessuno. Stanno bene, sono bravi a scuola, e questo mi dà forza. Ma è stata dura con loro affrontare il lutto. Pensi che il piccolo, che aveva 3 anni, il giorno dopo l’omicidio non vedendo più la madre mi disse: “La mamma è morta, vero?”. Aveva capito tutto da solo. Fu un colpo al cuore. Lui però è una forza della natura, è allegro. L’altro invece ha sofferto e soffre ancora moltissimo. Ha molte paure, glielo leggi negli occhi che cosa ha passato per colpa di quel padre violento. Ha lo sguardo triste. Vorrei potere regalare loro tante esperienze. Per questo ho dato battaglia per i soldi. Campiamo con la pensione di mio marito e lo stipendio di mio figlio».
Che cosa si aspetta dalla giustizia ora?
«Che Chambi rimanga in carcere, preferibilmente in Tunisia, mi sentirei più tranquilla. Mi sembra il minimo che sconti la pena».
Se lo incontrasse che cosa gli direbbe?
«Per carità, non voglio nemmeno pensarci. Mi sono imposta di pensare a lui solo due volte al giorno, una la mattina, una la sera. Quel che è successo, è successo. Io voglio andare avanti, anche per i miei piccoli».