BEATRICE RASPA
Cronaca

L’omicidio di Jessica Mantovani, delitto senza colpevole. La Procura chiede l’archiviazione

Dopo l’assoluzione di Giancarlo Bresciani, anche la seconda inchiesta, nata da una confidenza, rischia il niente di fatto. Ma il padre della 37enne, uccisa a botte a Prevalle e gettata nel canale, non si arrende

Giovanni e Jessica Mantovani

Giovanni e Jessica Mantovani

Brescia – Jessica Mantovani, di Villanuova sul Clisi, allora trentasettenne, nel giugno 2019 fu pestata e gettata nel canale della centrale idroelettrica di Prevalle. Nessuno ha pagato per l’omicidio e il caso pare destinato a rimanere irrisolto. La Procura ha infatti chiesto di archiviare anche la seconda inchiesta. Ma il padre di Jessica, Giovanni Mantovani, non ci sta. Tramite il suo nuovo avvocato, Paolo De Zan, si è opposto alla richiesta di archiviazione e l’udienza davanti al gip è fissata per il 27 novembre.

“Non penso che quelle confidenze siano inventate, io intendo andare fino in fondo”, annuncia papà Giovanni, pervicacemente appeso alla speranza di avere giustizia. L’ultima pista su cui la pm Lisa Saccaro aveva disposto accertamenti era nata dalle rivelazioni raccolte da una donna che aveva avvicinato il papà di Jessica per riferirgli la confidenza di un’amica. Quest’ultima avrebbe confidato alla prima di essersi separata dal marito – si tratta di due coniugi albanesi che ora vivono in Germania – poco dopo il delitto. Jessica, a suo dire, c’entrava con la separazione.

La sera dell’omicidio il consorte sarebbe rincasato a notte fonda, con gli abiti bagnati di sangue. Avrebbe spiegato di aver combinato una stupidaggine da cui non avrebbe più potuto tornare indietro. La moglie sospettava che Jessica fosse l’amante del marito. Da casa erano spariti dei soldi. Dopo averci pensato su, la destinataria della confidenza aveva parlato con Mantovani. Sperando di scoprire la verità, il papà di Jessica aveva accompagnato la signora dai carabinieri.

E la denuncia aveva fatto ripartire l’indagine, dopo che quella principale si era conclusa con un nulla di fatto. L’unico a finire a processo finora è stato Giancarlo Bresciani, cinquantatreenne di Prevalle, amico della vittima, l’ultimo che si credeva l’avesse vista viva. Nel suo appartamento Jessica si era fatta accompagnare dal padre il pomeriggio prima della morte. Con lui Jessica, problemi di tossicodipendenza, condivideva le sniffate di cocaina. Da lui capitava anche che incontrasse uomini dai quali si faceva pagare le dosi. Bresciani al termine del processo con rito abbreviato è stato condannato a 2,8 anni per induzione alla prostituzione ma assolto dall’omicidio.

Un secondo indagato, un vicino venticinquenne di casa Bresciani che frequentava lo stesso giro e che negò di conoscere Jessica nonostante proprio da Bresciani fosse stata rinvenuta una sua traccia biologica mista a quella della vittima, in aula non è mai nemmeno arrivato. La sua posizione fu archiviata.