BRESCIA – Prima che la Corte d’Assise si ritirasse in camera di consiglio, dov’è rimasta tre ore per poi decretare l’ergastolo per il trio criminale, che ha accolto il verdetto impassibile, ieri le parti si sono giocate il tutto e per tutto per convincere i giudici della loro lettura dell’omicidio di Laura Ziliani, l’ex vigilessa cinquantacinquenne di Temù uccisa la sera del 7 maggio 2020 dalle figlie Silvia e Paola Zani, oggi 29 e 21 anni, e dal fidanzato della prima, il ventinovenne Mirto Milani, che stava pure con la seconda. La scorsa udienza le arringhe si erano svolte all’insegna del rimpallo delle colpe, e ieri tutti i difensori hanno replicato. A cominciare dall’avvocato Piergiorgio Vittorini, che assiste Lucia, la sorella ventiseienne affetta da un lieve ritardo cognitivo, mai coinvolta dalle indagini, che ha chiesto l’equiparazione delle responsabilità dei tre, senza attenuazioni di responsabilità.
“Alla fine è giusto che paghino per quello che hanno fatto. Hanno fatto una cosa pazzesca e disastrosa", ha pianto Lucia. Monica Baresi, legale della madre della vittima, Marisa Cinelli, ha sostenuto anche la tesi dell’attribuzione dell’aggravante del vincolo parentale con la vittima al genero. "Tutti hanno preparato il piano nei dettagli condividendo ogni fase, dalla scelta del mezzo venefico, che presupporrebbe l’aggiunta dell’ulteriore aggravante della minorata difesa, all’acquisto di tute, cuffie e guanti per evitare di lasciare tracce e partecipare a quella macabra e sciagurata recita – ha sottolineato Vittorini – Non c’è stato un momento in cui l’intesa tra i tre sia venuta meno. Quanto al movente, noi non siamo d’accordo con la Procura relativamente al fatto che quello principale non sia economico".
Poi l’avvocato Stefania Prestipino, che assiste Mirto, ha voluto sgombrare il campo dall’idea del difensore di Paola, Michele Cesari, secondo il quale fu il giovane a preparare il piano: "Il mio assistito è sempre stato il meno convinto. E gli psichiatri hanno chiarito quale peso abbia avuto l’odio profondo covato dalle ragazze per la madre. La mente dominante era Silvia. Mirto non ha fermato le sorelle perché non poteva. Quando è entrato in quella stanza, l’azione omicidiaria era iniziata".