Brescia, 3 maggio 2019 - Fabrizio Pasini la scorsa estate prima di andare in ferie con la famiglia ad Alghero aveva da sistemare alcune faccende in sospeso. Una su tutte: eliminare la collega e amante, Manuela Bailo, diventata ingestibile e uccisa dopo essere stata attirata in trappola. E’ questa la convinzione del sostituto procuratore Francesco Carlo Milanesi, che nelle scorse ore ha chiuso le indagini sul delitto della 35enne di Nave. Per il pm, pronto a chiedere il processo, l’ex sindacalista Uil, in carcere dal 20 agosto, deve rispondere di omicidio aggravato dalla premeditazione e di occultamento di cadavere.
Il 48enne di Ospitaletto infatti quel 29 luglio avrebbe «predisposto per l’esecuzione dell’omicidio i locali dell’abitazione di famiglia (quella della madre di lui, ndr, assente perché in vacanza con i suoi due figli) collocandovi stracci e altri strumenti destinati alla cancellazione delle tracce di sangue». Prova, dunque, di un piano ordito ad hoc. E ancora, si sarebbe «assicurato dei tempi di permanenza delle altre persone presenti nella palazzina».
Manuela insomma non è stata uccisa per un raptus, dice l’accusa. E’ stata attirata di proposito «con il pretesto di trascorrere insieme il fine settimana». Sposato e padre di due figli, Pasini aveva instaurato con la collega, impiegata del Caf Uil, una contrastata relazione che a lei, innamorata, stava stretta. I due si erano già lasciati altre volte e i litigi erano frequenti perché lei avrebbe voluto vivere la storia alla luce del sole. Manuela quel sabato viene inquadrata a metà pomeriggio dalle telecamere dell’abitazione che divideva a Nave con l’ex fidanzato mentre piange e infila abiti in una borsa da weekend. Del programma non informa nessuno, finge di andare al lago. Invece è con Pasini. La coppia dopo un aperitivo si sposta nella casa della mamma di lui, appunto libera. E da quella casa la 35enne non esce viva. L’omicidio è collocato tra le 4 e le 6. L’amante «la colpiva violentemente alla testa per provocarne lo stato di incoscienza, subito dopo la feriva al collo con un’arma bianca provocando la sezione completa dell’arteria carotide comune destra così determinando il decesso a seguito di shock emorragico massivo e repentino» ritiene il pm.
E ancora, Pasini occulta il cadavere nel bagno della taverna e successivamente lo ricopre con stracci, lo avvolge in sacchi di plastica e lo trasporta ad Azzanello, nella vasca dei liquami nascosta da vegetazione e lastre di metallo. «Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di assicurarsi l’impunità». Reo confesso, il 48enne ha sempre negato di avere ucciso Manuela. «Stavamo litigando, l’ho spinta dalle scale e lei ha picchiato la testa. Ma non l’ho sgozzata». Per l’avvocato Pierpaolo Pettenadu non c’è prova di uno sgozzamento. «La zona tra collo e gola è scarnificata. Serve un esame anatomopatologico che non è mai stato fatto – ripete – L’arma del delitto inoltre non mai è stata trovata». Ora avrà tempo 20 giorni per decidere se fare interrogare il suo assistito o depositare memorie.