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Omicidio di Marcheno, Giacomo Bozzoli condannato all’ergastolo: le motivazioni della sentenza in Cassazione

Il nipote dell'imprenditore Mario Bozzoli giudicato colpevole del delitto: la vittima è “svanita nel nulla” l’8 ottobre 2015. La Corte ha spiegato il ruolo determinante dell'esperimento sul forno della fonderia

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Giacomo Bozzoli condannato all'ergastolo

Brescia, 21 ottobre 2024 – Dopo la condanna all'ergastolo pronunciata lo scorso 1 luglio nei confronti di Giacomo Bozzoli, ritenuto l'omicida (in concorso con gli operai Oscar Maggi e Giuseppe Ghirardini) dello zio Mario, imprenditore di Marcheno, nel Bresciano, oggi la Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza. L’uomo è svanito nel nulla l'8 ottobre 2015, ma per la giustizia è stato gettato nel forno della fonderia di famiglia.

Nelle 30 pagine i giudici hanno spiegato quanto sia stato determinante l'esperimento giudiziale effettuato durante il dibattimento in primo grado, quando su intuizione del presidente della Corte d'Assise Roberto Spanó, venne adagiato su un bagno di metallo fuso di un forno di fonderia simile a quello della Bozzoli la carcassa di un maialino, deceduto in precedenza.

“Durante l'esperimento giudiziale e l'introduzione della carcassa di un maiale già deceduto nel forno di una fonderia simile a quello della Bozzoli, i periti avevano verificato la completa carbonizzazione dell'animale e la polverizzazione dei resti. Ciò - ha scritto la Cassazione - dimostrava che il mancato rinvenimento di residui della vittima non entrava in contraddizione con la tesi di accusa, secondo il cui il corpo di Mario Bozzoli sarebbe stato distrutto all'interno del forno grande dello stabilimento di Marcheno”.

I giudici hanno precisato che “la consulente del pubblico ministero – professoressa Cattaneo - , aveva infatti sostenuto che in base alla sua esperienza formatasi essenzialmente in materia di cremazione di salme, all'esito dell'incenerimento si sarebbe dovuta riscontrare la residua presenza di pezzi ossei e dentari riconoscibili anatomicamente, anche se calcinati e sulla base di tale rilievo – smentito appunto dall'esperimento - aveva ritenuto implausibile che la vittima fosse stata introdotta nel forno. La sentenza impugnata chiarisce bene dunque perché l'obiezione della consulenza debba ritenersi superata per effetto dell'esperimento medesimo tornando così plausibile l'inserimento del corpo nel forno”.