Brescia, 28 maggio 2022 - Laura Ziliani sarebbe dovuta morire ancora a metà aprile di un anno fa. Silvia, Mirto e Paola ci avevano già provato ad eliminare la 55enne ex vigilessa di Temù, impiegata comunale a Roncadelle, somministrandole una tisana imbottita di benzodiazepine durante una cena. Avevano anche scavato una buca nel bosco che avrebbe dovuto fare da “bara“, ma alla fine non è stata utilizzata. Il piano però era naufragato perché Mirto Milani, 28 anni il prossimo 24 giugno, sopranista lecchese laureato in psicologia di casa nella Bergamasca - fidanzato di Silvia Zani, 27 anni, e, pare, amante della sorella Paola, 20 - aveva fatto dietrofront all’ultimo.
Non se l’era sentita di andare fino in fondo. Il risultato è che la malcapitata, sportiva e amante delle camminate in montagna, sorbito il beverone aveva trascorso tre giorni in preda a un torpore ai suoi occhi inspiegabile. La sera del 7 maggio seguente il copione si è ripetuto. L’epilogo però è stato diverso. A raccontarlo, in carcere, sono stati proprio loro. I protagonisti del trio criminale che a un anno dai fatti, hanno chiesto di farsi interrogare dal pm Caty Bressanell. E sono crollati. Milani, il primo a confessare martedì scorso - poi, mercoledì, è stato il turno di Silvia e giovedì quello di Paola - ha avuto un cedimento nervoso, tanto da aver minacciato intenzioni autolesioniste ed essere finito in ospedale. La sequenza omicidiaria trapelata dai racconti è da brivido. I tre sono tornati alla carica tre settimane dopo, la sera del 7 maggio. Ziliani aveva raggiunto le figlie nella casa di Temù per la festa della mamma. Con loro, come sempre, c’era Milani. La donna prima di andare a letto ha sorseggiato ignara la tisana al Bromazepan, è sprofondata in un sonno ipnotico. E mentre era semi-incosciente si è ritrovata un sacchetto di plastica in testa chiuso al collo da una fettuccia. La morte tardava ad arrivare.
La donna annaspava, respirava convulsamente, si agitava. Per finirla è stato necessario stringerle la gola a mani nude. Quattro mani, che pare si siano alternate, quelle di Silvia e Mirto, come una morsa. Finché la malcapitata non ha smesso di vivere. È stata caricata in auto e portata nel luogo in cui avrebbe dovuto rimanere per sempre. Sotto terra. Per la procura il movente del delitto è economico: le sorelle e Milani, che di fatto amministrava i lauti patrimoni immobiliari della famiglia Zani, una decina di case in affitto in Vallecamonica - così la ricostruzione accusatoria avallata dal gip Alessandra Sabatucci che ha emesso le misure cautelari - intendevano disporne a piacimento. Un movente però negato dagli indagati, che invece hanno collocato l’omicidio in un contesto di tensioni familiari diventate sempre più ingestibilii.