Brescia – Sei anni e quattro mesi. È la richiesta di condanna formulata ieri in aula dal pm Benedetta Callea per il 35enne romeno a processo per avere sequestrato armato di pistola il figlio di 4 anni durante un incontro protetto con l’educatrice e di essersi barricato con lui in casa per 15 ore. Era lo scorso 5 ottobre. Il piccolo alloggiava in una struttura protetta con la madre dopo un’aggressione alla donna e al suo legale (una vicenda conclusa patteggiando). In occasione di un appuntamento concordato, il padre si presentò armato di una calibro 22 con matricola abrasa, per sua stessa ammissione acquistata apposta per il blitz, e rapì il piccolo, portandolo nella propria abitazione di Roncadelle per spegnere con lui le candeline del quinto compleanno. Aprì la porta solo dopo 15 ore di trattativa a oltranza con le forze dell’ordine. Ieri l’imputato ha ribadito di avere agito per disperazione: "Non capivo perché dovessi vedere il mio bambino in quelle condizioni, lui mi amava, non gli avrei mai fatto del male – ha dichiarato –. Quella pistola per me era solo un pezzo di ferro, avevo tolto il caricatore. La vide anche mio figlio e gli dissi che era un giocattolo, e lui la prese in mano. Non la puntai addosso all’educatrice, gliela feci solo vedere dallo zaino. Alla fine quella giornata è stata la più bella che io e il mio bambino abbiamo passato insieme". Per la procura si trattò di "un’azione preordinata" e i presupposti dei reati contestati, dalla violenza privata al sequestro, ci sono tutti. Di qui la richiesta di una pena pesante.
Per la parte civile l’aspetto più critico è che "l’imputato tuttora non avrebbe colto il disvalore del suo gesto". Per la difesa, invece, "non è configurabile alcun sequestro giacché il bimbo aveva libertà di movimento e stava bene. L’imputato inoltre non mostrò mai l’arma all’educatrice e a dirlo fu proprio lei". Andrebbe dunque assolto, o tutt’al più le contestazioni derubricate. Udienza aggiornata il 6 luglio.