
CREATIVE Lina Frassi Pancari e Maria Grazia Prandini, presidente del comitato Unicef di Brescia, con alcune delle pigotte realizzate recentemente da “nonna Lina’’, la pigottaia più anziana della provincia e tra le più longeve d’Italia (Fotolive)
Brescia, 17 gennaio 2016 - Un tempo pettinava le signore, oggi acconcia le sue bamboline di pezza per aiutare i bambini. Compirà 96 anni il 3 febbraio prossimo Lina Frassi Pancari, la pigottaia più anziana della nostra provincia e tra le nonnine pigottaie più longeve di Lombardia e dell’Italia intera.
Una vita passata accanto al marito Sergio, con cui condivideva l’amore per i figli e la passione per il volontariato. «Siamo stati per trent’anni volontari dell’Anffas – ricorda – poi quattordici anni fa ho iniziato con l’Unicef». Al tempo aveva 82 anni. La scintilla scattò un giorno quando, durante una passeggiata, vide le bamboline di pezza, le note pigotte, nella vetrina del negozio Unicef di Brescia. «Me ne sono innamorata – racconta – e ho deciso che avrei imparato a farle anche io». Con pazienza ha quindi imparato a realizzarle, grazie alle preziose lezioni di quella che oggi è la presidente del comitato, Maria Grazia Prandini, e che al tempo aveva dato vita alla scuola di pigotte. «Quante ne ho fatte? Non saprei, a spanne, soprattutto all’inizio, una decina al mese». Anche oggi, la passione per queste bamboline riempie le sue giornate. Alina, che la aiuta in casa, le dà una mano per riempire le sagome di pezza con l’ovatta. Abiti e capelli, però, sono tutti opera di Lina. «Mi ispiro a quello che vedo – spiega – un abito in tv, in vetrina, sul giornale: quando c’è qualcosa che mi attira, mi metto all’opera per realizzarla». La stoffa per confezionare gli abiti arriva da amiche e conoscenti che le portano scampoli e pizzi. Qualcosa viene anche dagli armadi della signora Lina. «La stoffa delle camicie maschili è ideale. E talvolta sacrifico anche i miei vestiti, se ho qualche idea particolare». Non c’è un tempo esatto per realizzare una pigotta. «Dipende da cosa si vuole fare. Per quelle più semplici ci impiego un paio di giorni». Le bamboline vengono poi vendute, o meglio «date in adozione», a 20 euro, il necessario per acquistare i pacchetti di vaccinazione per i bambini nei Paesi in cui è presente Unicef.
Ogni pigottaia dà il nome alla sua creatura. «Le mie si chiamano tutte Lina – scherza – quella a cui sono più affezionata è una pigotta che ha vinto il premio come la più bella della Lombardia. Devo dire, però, che sono legata a tutte. Sono loro che danno qualcosa a me. Anzi, invito tutti a provare a diventare pigottaia: non solo si fa del bene ai bambini, ma si fa del bene anche a se stessi. Va bene la lettura, la conversazione e altre cose, ma mettersi lì e creare qualcosa dal nulla è davvero speciale». Tutt’oggi, infatti, le pigotte sono anche un motivo per condividere il tempo con altre signore che hanno lo stesso interesse, sempre nel negozio di Unicef. Anche la nipotina di 10 anni inizia a seguire il suo esempio e, quando va dalla nonna, compone le stoffe e inventa abitini per le bambole. «Insegnare ai più giovani? Non me la sentirei – sottolinea – non mi sembra di essere all’altezza. E poi mi emoziono molto. Ci sono però tante brave pigottaie da cui si può sicuramente imparare».
di FEDERICA PACELLA