BEATRICE RASPA
Cronaca

Processo Caffaro: "Inquina ancora". I primi testimoni davanti al giudice

Alla sbarra i dirigenti dell’ultima gestione subentrata nel 2011 "A giugno picco massimo di cromo dopo due lavaggi dei terreni".

Processo Caffaro: "Inquina ancora". I primi testimoni davanti al giudice

Alla sbarra i dirigenti dell’ultima gestione subentrata nel 2011 "A giugno picco massimo di cromo dopo due lavaggi dei terreni".

Caffaro? "Continua a inquinare". A dirlo, i primi testi dell’accusa ieri al processo per l’emergenza del polo chimico di via Milano, prima produttore dei cancerogeni Pcb e poi, una volta fuori legge, dagli anni ‘80 di pastiglie di cloro. Almeno fino al 2019, quando la Provincia ritirò l’autorizzazione ambientale. Dopo l’assoluzione dei vertici della vecchia ex Snia, ora sono a giudizio i dirigenti di Caffaro Brescia srl - Antonio Todisco, Alessandro Quadrelli, Alessandro Francesconi e Vitantonio Balacco -, l’ultima gestione subentrata nel 2011 e accusata a vario titolo di disastro e inquinamento (in specie di cromo esavalente e clorato) e di omesso smaltimento di scorie pericolose. Per il dirigente dell’Arpa Enrico Alberigo è provato l’inquinamento attuale, imputabile a Caffaro Brescia. "Nell’area B, quella storica ceduta all’ultima proprietà, uscivano circa 200 litri di liquido contaminato ogni due settimane da un serbatoio. Liquido che veniva reimpiegato nel ciclo produttivo, un utilizzo difforme dall’autorizzazione. Tutti i serbatoi mostravano copiose perdite. Non solo l’area B era mal tenuta, anche la A deputata alla produzione". La presenza di cromo nel sito è nota dal 2002. Ma a far sospettare l’attualità dell’inquinamento fu che nel 2011 la contaminazione delle acque sotterranee era molto elevata. "Nel giugno 2024 nonostante due lavaggi dei terreni si è registrato un picco massimo di cromo. Solo una fonte inquinante attiva certa spiega questo fatto|. L’emergenza clorati invece risale al 2011. Umberto Cassio, ex ingegnere Arpa: "I serbatoi erano in cemento, pericolanti, incrostati, con crepe, stalattiti di sostanza gialla, e gocciolavano. Mai vista una situazione simile in un’area a rischio incidenti rilevanti. Ci spiegarono che quei liquidi venivano utilizzati per la produzione. Dai sondaggi dell’estate 2019, pur limitati dalla pericolosità della zona, si scoprì che a 19 metri di profondità il cromo era 50-100 milligrammi x kg a fronte di una soglia ammessa di 15 nei primi 2 metri di suolo. C’è stata una sorgente primaria e continua a esserci".