BEATRICE RASPA
Cronaca

Processo sulla strage di piazza della Loggia a Brescia, il sindaco omonimo di Zorzi: “I carabinieri vennero da me”

Davanti alla Corte d’Assise è comparso il primo cittadino di Sant’Ambrogio di Valpolicella. Lavorò per l’ex ordinovista e al Ros raccontò: “L’orientamento della famiglia era ben noto”

Brescia, in tribunale processo strage Piazza Loggia

Brescia, in tribunale processo strage Piazza Loggia

Brescia – Nel 1974 a Sant’Ambrogio di Valpolicella (Verona) vivevano due Roberto Zorzi a 300 metri di distanza. Uno è l’ex ordinovista oggi settantenne cittadino americano, imputato al processo per la strage di piazza Loggia con l’accusa di essere tra gli esecutori materiali. L’altro è il sindaco del paese, attualmente al terzo mandato. L’omonimia gli giocò 51 anni fa una visita singolare: i carabinieri, all’indomani dell’attentato, andarono a cercarlo a casa. Cercavano il suo onomimo, l’estremista nero. «Me lo riferì mia mamma – ha dichiarato alla Corte d’Assise Roberto Albino Zorzi, il sindaco appunto, tra i testi dell’accusa –. Mi disse che erano venuti per sbaglio da noi. Io avevo tredici anni, non ricordo di arresti».

Roberto Zorzi fu portato in caserma a Verona la notte dopo la strage e fu interrogato - di quel fermo tuttavia non c’è traccia nei verbali - ma 16 ore più tardi tornò a piede libero. L’allora ventenne fondatore dei Guerriglieri di Cristo Re, acerrimo nemico di gay, prostitute e comunisti, raccontò che alle 10,12, quando a Brescia vi fu lo scoppio, era al bar delle filovie di Porta San Giorgio. Il capitano dei carabinieri di Brescia Francesco Delfino inviò il suo braccio destro, il maresciallo Siddi, a verificare l’alibi e Zorzi uscì dai radar dei sospettati. Di quella verifica, di nuovo non fu redatto il verbale.

«Conosco bene la famiglia di Ezio Zorzi (padre di Roberto, ndr), ci conosciamo tutti in paese. Avevano un’azienda di marmo. Ezio era stato amministratore in Comune. Avevano dei dobermann. Vidi spesso Roberto negli anni ‘80 e ‘90 quando rilevò l’azienda. Io ero geometra e nel 1987 lavorai per lui come dipendente». Sentito dal colonnello del Ros Massimo Giraudo, il sindaco aveva fatto mettere a verbale che «l’orientamento politico della famiglia era ben noto».

In Assise, invece, non si è sbilanciato, condendo la testimonianza di molti «non ricordo». A sentir lui, con il suo ex datore di lavoro parlava «di lavoro e basta, non mi interessa la politica. Al limite si parlava di calcio, penso tifasse per il Verona. Lo vidi l’ultima volta al funerale di suo padre poi non ho più saputo nulla».

Valter Parigi, 88enne carabiniere nel 1974 in forza a Sant’Amborgio, conosceva la famiglia Zorzi. Sentito nel 2020 nell’ambito del procedimento attuale, riferì che il padre lamentava che quel figlio di estrema destra lo faceva tribolare. Cinque anni fa il teste parlò di sette-otto giovani che avrebbe visto allenarsi in mimetica, armati, in un campo dove ora sorge vicino un centro commerciale. Tra loro pare che ci fosse Zorzi. «In realtà non ricordo di averlo visto io, me lo riferì il mio comandante».