
di Gabriele Moroni
"Prima come cittadino italiano e poi come avvocato chiedo come si possa condannare all’ergastolo una persona, oltretutto incensurata, che ha trascorso sette anni infernali additata come colpevole. Il processo si è chiuso nell’assoluta mancanza di prove. Anzi, in presenza di prove, a mio parere evidenti, che dimostrano l’innocenza del povero Giacomo Bozzoli".
È il finale di partita da quando prese avvio l’enigma della fonderia di Marcheno, con l’imprenditore Mario Bozzoli svanito nel nulla. È il giorno della difesa, chiamata a respingere la richiesta della Procura dell’ergastolo di Giacomo Bozzoli per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione dello zio Mario e distruzione del cadavere. In due ore di arringa l’avvocato Luigi Frattini argomenta i motivi della richiesta di assoluzione piena: perché il fatto non sussiste o per non avere commesso "alcuno dei fatti contestati".
Per la difesa non esiste alcuna prova che l’imprenditore sia stato ucciso nella fabbrica di famiglia di via Ghitti, la sera dell’8 ottobre 2015. Di più: manca ogni prova che nella fonderia sia avvenuto un omicidio. Quella sera era di turno anche Giuseppe Ghirardini, il dipendente che scompare sei giorni dopo il datore di lavoro e viene ritrovato senza vita a Case di Viso, sopra Ponte di Legno, avvelenato da un’esca di cianuro. Un "suicidio parlante", secondo l’accusa, il gesto disperato di un uomo schiacciato dal rimorso di avere in qualche modo aiutato Giacomo. La difesa contrattacca: "L’ultima tesi del pm è che Giacomo uccide lo zio nella fonderia e consegna il corpo a Ghirardini perché lo metta nel forno grande". Questo provoca una fumata bianca, anomala, dal forno: sono le 19.18. "Dov’è avvenuta l’aggressione? Sul pavimento della fonderia c’era polvere e unto, ma non tracce di sangue, di un’aggressione, del trascinamento di un corpo". Una persona in posizione eretta, tanto più un uomo alto e prestante come Mario Bozzoli, non sarebbe mai potuta entrare nel forno. Sarebbe stato possibile solo se trascinato dal nastro trasportatore, dove però non sono rimasti impressi né sangue né tracce biologiche. Se in seguito fossero stati introdotti nel forno altri rottami, il corpo sarebbe stato spinto nella parte dove avveniva la fusione. Allora il corpo sarebbe scoppiato e anche il forno.
Invece Mario è vivo anche dopo che dal forno grande gestito da Ghirardini si è sprigionata la fumata anomala. Un minuto dopo infatti Mario esce alla guida del muletto dal magazzino dei pani e viene ripreso dalla telecamera. "Qualunque cosa sia successa a Mario Bozzoli – incalza Frattini – non può essere addebitata a Giacomo. Mario Bozzoli guidava il muletto e questa è la prova che era in vita dopo la fumata anomala".