BEATRICE RASPA
Cronaca

Strage di piazza della Loggia . Il pm dei minori di Brescia chiede trent’anni per Toffaloni

All’epoca dell’azione terroristica l’imputato non aveva ancora 17 anni ed è considerato uno degli esecutori. Per Caty Bressanelli l’ex ordinovista ora cittadino elvetico deve essere condannato al massimo della pena.

Subito dopo la strage: era il 28 maggio 1974. Nel tondo a destra l’avvocato Marco Gallina che difende Marco Toffaloni

Subito dopo la strage: era il 28 maggio 1974. Nel tondo a destra l’avvocato Marco Gallina che difende Marco Toffaloni

Trent’anni per avere messo la bomba in piazza Loggia. Il massimo della pena prevista dalla giustizia penale minorile, secondo cui è inapplicabile l’ergastolo. Anche a ex minorenni, che oggi sfiorano i 68 anni. Dopo una requisitoria di due ore e il deposito di una memoria, la pm Caty Bressanelli ha tirato le somme e chiesto la condanna di Marco Toffaloni, l’ex ordinovista veronese da tempo cittadino elvetico a nome di Franco Maria Muller, uno dei presunti esecutori materiali della strage, a processo appunto davanti al tribunale dei minori.

Il 28 maggio 1974 “Tomaten“, come era soprannominato per i frequenti rossori in viso dovuti al temperamento “fumantino“, aveva 16 anni. Contro di lui, che mai si è presentato in aula, nemmeno in presenza di un accompagnamento coatto disposto dal presidente Federico Allegri - cui le autorità elvetiche non hanno dato corso essendo in Svizzera il reato di strage prescritto, e ritenendo impraticabile l’estradizione - la procura ritiene di avere "riscontri formidabili". Tanto che avrebbe avanzato una richiesta di pena più pesante, se il passo non fosse sbarrato dalla Corte costituzionale. Bressanelli è partita inquadrando la figura dell’imputato, ordinovista della prima ora, pronto all’azione politica violenta.

A suo carico vi sarebbero una serie di indizi concordanti. La testimonianza di Ombretta Giacomazzi. La teste chiave di questa inchiesta - nel 1974 fidanzata del neofascista bresciano Silvio Ferrari che il 19 maggio morì in piazza Mercato per una bomba che portava in Vespa esplosa “per sbaglio“ - la quale rivelò di avere visto Tomaten nel quartier generale della Ftase/Nato e nella caserma dei carabinieri di Parona a Verona frequentata da ufficiali dei servizi segreti. Le sue dichiarazioni sono apparse al limite del “distopico“ per lo scenario profilato, ma sono state tutte confermate.

E ancora, c’è il 73enne “pentito“ Giampaolo Stimamiglio, che aveva frequentato lo stesso giro di Toffaloni. Quando lo rivide negli anni ‘80 a un incontro con le mogli all’Hotel Garda, Tomaten, rientrato apposta dalla Svizzera, gli avrebbe confidato "Son stat mi". E qualcosa di simile per l’accusa l’ex minore nello stesso periodo si fece sfuggire con Nadia Garattoni, titolare di una libreria esoterica di Bologna da lui frequentata, e che con lei avrebbe commentato la “stranezza“ di essere indagato per le ronde pirogene ma non "per quell’’altra roba che avevo fatto". E ai Bianchi, vicini di casa della famiglia di Toffaloni, il padre di Tomaten avrebbe riferito che il figlio era implicato nella bomba di Brescia. Infine c’è la foto in bianco e nero scattata in piazza subito dopo lo scoppio, nella quale fa capolino un giovane. Per la procura è l’imputato. Sentenza il 3 aprile.