Brescia – Chi sono i due ex ordinovisti veronesi accusati di avere piazzato la bomba di Brescia? Uno è Marco Toffaloni, 66enne cittadino elvetico che da tempo vive in Svizzera, nei Grigioni, con il nome di Franco Maria Muller. All’epoca aveva appena 16 anni, frequentava la terza al liceo Fracastoro di Verona e gli amici – tutti con il cuore che batteva molto a destra – per via della sua attitudine ad arrossire lo avevano soprannominato “tomaten“. "Anche a Brescia gh’ero mi", "Son sta mi", avrebbe dichiarato lui, “tomaten“, orgoglioso, in dialetto veneto al padovano Giampaolo Stimamiglio, un “pentito“ che nell’aprile 2011 per togliersi un peso si confidò con i magistrati bresciani. La prima pietra sulla quale prese avvio la sesta istruttoria, sfociata nel processo che il 30 maggio – dopo due rinvii a giudizio annullati per vizi procedurali – inizierà davanti al tribunale dei minori. A porte chiuse, come è prassi in caso di giudizi a carico di minorenni, salvo che Toffaloni ormai veleggia appunto verso la terza età.
L’altro presunto esecutore materiale, invece, protagonista della settima inchiesta che molto deve alle dichiarazioni postume della "ragazza della pizzeria", la fidanzata del neofascista bresciano Silvio Ferrari, è l’amico Roberto Zorzi, 68enne ex marmista che da anni vive a Seattle, negli Usa, dove alleva dobermann con l’evocativo nome ‘Il Littorio’ e predica teorie messianiche. Per lui, “marcantonio“ ipercattolico che chiacchierava con disinvoltura di Dio e di bombe, odiava gay e prostitute, il processo è fissato in Corte d’assise il 18 giugno.
Le ultime due inchieste sono strettamente intrecciate. Toffaloni, che i registri di segreteria dell’epoca segnano a scuola (ma per la procura vi furono errori nell’annotazione delle presenze), comparirebbe in una foto scattata subito dopo l’esplosione. Quel ragazzino biondo che si affaccia tra i volti sgomenti stando a una consulenza antropometrica è proprio “tomaten“, e gli ex camerati confermano. Che ci faceva a una manifestazione sindacale a Brescia un estremista di destra, che partecipava alle riunioni stragiste degli ordinovisti nella la caserma dei carabinieri di Parona e la sede veronese della Nato? La supertestimone lo ha definito una persona "tremenda" e "molto determinata": Toffaloni aveva una pistola, venerava il generale golpista Amos Spiazzi, si muoveva tra i Guerriglieri di Cristo Re fondati da Zorzi e l’ambiente di Marcello Soffiati, il trafficante d’armi e agente della Cia che si ritiene abbia trasportato la gelignite da Venezia a Brescia.
Non solo : frequentava assiduamente proprio Ferrari, il giovane che il 19 maggio ‘74 finì dilaniato da una bomba che trasportava con la sua Vespa. L’ordigno esplose per sbaglio in piazza Mercato, proprio a due passi dalla Loggia. Per l’accusa, la sera della sua morte “tomaten“ e Zorzi erano a Brescia, in pizzeria, e tramavano una vendetta. E in quei giorni giravano in città volantini espliciti: "Comunichiamo alla popolazione che entro il mese di maggio gravi attentati saranno posti in azione". Eppure il 28 maggio nessuno vigilò nella piazza. Nessuno controllò i cestini dei rifiuti. E il selciato fu lavato con gli idranti in fretta e furia. Insieme al sangue sparirono anche le tracce, ben prima che i periti potessero anche solo immaginare di analizzarle.