GABRIELE MORONI
Cronaca

Strage di piazza della Loggia, Manlio Milani: "Piegato su mia moglie, continuavo a chiamarla. Ma lei non c’era già più"

Nell’esplosione ha visto morire la sua Livia e alcuni amici:"Mi staccai dal gruppo per dare un’informazione. Solo così mi sono salvato"

La foto simbolo della strage: Manlio Milani che sorregge la testa della moglie Livia

Brescia – L’uomo inginocchiato sorregge la testa della moglie. S’indovina che la sta chiamando, che invoca il suo nome. Ma Livia Bottardi, trentadue anni, insegnante di lettere alle medie, non può rispondere: la bomba esplosa in piazza della Loggia l’ha strappata alla vita. È il 28 maggio del 1974, a Brescia. Il marito di Livia si chiama Manlio Milani. Da allora si è assegnato un compito che assolve ogni giorno da mezzo secolo: testimoniare. "La sera prima eravamo a cena con sei o sette amici – avvolge il nastro dei ricordi –. Ci eravamo accordati per andare alla manifestazione il giorno dopo, convinti che alla violenza si doveva rispondere con la forza della democrazia. La notte del 19 maggio Silvio Ferrari era morto nello scoppio dell’ordigno che stava trasportando su una Vespa. Accanto al corpo erano state trovate una pistola e alcune copie di ‘Anno Zero’, la rivista di Ordine Nuovo, movimento di estrema destra. Arrivati in piazza, abbiamo individuato i nostri amici. Si trovavano proprio vicino al cestino dove di lì a poco sarebbe esplosa la bomba. In quel momento una persona mi ha chiesto un’informazione. Con Livia ci siamo divisi". Per sempre anche se Milani non poteva saperlo. Ancora.

«Mentre io rispondevo, lei è andata a raggiungere gli altri – continua –. Qualche attimo ancora e mi sono diretto verso di loro, guardavo mia moglie, la salutavo con la testa. Si era formato come un blocco di persone proprio davanti al punto dove sarebbe avvenuta l’esplosione, per questo sono stati tanto numerosi i morti e i feriti. Lo scoppio è avvenuto nello stesso momento in cui, dal palco, Franco Castrezzati pronunciava la parola ‘Milano’".

È allora che è calato un silenzio terribile, come se il tempo si fosse fermato, pietrificato. Pochi secondi che sono apparsi interminabili a Milani. «Quando sono tornato in me, ho visto il cestino porta rifiuti attaccato alla colonna, distrutto, e un numero incredibile di corpi stesi a terra – la voce è incrinata dall’emozione –. Cercavo lei, Livia. In quei momenti pensi solo a salvare i tuoi affetti. Per molto tempo mi sono sentito in colpa per averlo pensato. Dei nostri amici tre erano morti e due erano rimasti feriti. Ho individuato Livia, mi sono inginocchiato accanto a lei. Ho detto a un infermiere: ‘Mi faccia la cortesia di pulirle il viso’. Non potevo vederlo sporco, lo volevo vedere sorridente come quando eravamo entrati in piazza. In ospedale mi hanno detto che non c’era più niente da fare. Nel pomeriggio non sono rincasato. Avevo bisogno di tornare in quel luogo e di trovare un senso al mio dolore. La risposta l’ho avuta lì, nella piazza presidiata da cittadini e sindacati e dove a carabinieri e polizia non era permesso entrare. Ecco la risposta: continuare a esserci".

Nel 1974 nasce il Centro bresciano dell’Antifascismo. È del 1981 la nascita dell’Associazione dei Familiari dei Caduti di piazza della Loggia. Nel 2000 l’associazione, il Comune e la Provincia di Brescia costituiscono la Casa della Memoria e Milani la presiede tuttora. "Piazza della Loggia – dice Milani – arriva dopo le stragi del quinquennio che l’hanno preceduta, gli anni del terrorismo nero. Il 1974 segna una svolta storica. È l’anno del referendum che dice "no" all’abrogazione della legge sul divorzio. La strategia neofascista è quella di sovvertire l’ordine democratico, impedire il ‘compromesso storico’, ossia il dialogo fra il Partito comunista e la Democrazia cristiana e favorire invece la deriva autoritaria del Paese.