Brescia, 29 dicembre 2024 – Se i giovani rapper litigano a suon di rime, i vecchi lupi di mare dello spettacolo lo fanno attraverso le interviste. Questione di stile. Anche se i toni sono altrettanto frizzantini. Almeno quando si parla di Teo Teocoli, tirato sempre in mezzo (suo malgrado?) a qualche dissing agée. Di amore e rancore. Col Clan e gli antichi compagni d’avventura. Fortuna che però poi c’è il palcoscenico. La voglia intatta di fare spettacolo. Come succede la sera di Capodanno al Teatro Clerici di Brescia con il suo “Tutto Teo”. Ovvero, il repertorio di una vita e quel che si può immaginare, con brindisi a mezzanotte, musica e dolcetti.
Teo, come va la tournée?
“Bene nonostante il mal di denti, dovrò prendere i pastiglioni. D’altronde ho quasi 80 anni, i dolori si sentono e i viaggi sono una fatica. Ma in scena mi diverto, mi piace il mio lavoro e suonare con la band”.
Cosa racconta sul palco?
“Episodi della mia vita, quello che succedeva di buffo in un paese completamente diverso. Racconto di quando ho scoperto che facevo ridere e questo è diventato un passaporto per qualsiasi cosa, nonostante a Milano fossi il terrone. Con un talento così ho pensato presto che la scuola non mi servisse a nulla. I professori ebbero la cortesia di accompagnarmi fino alla terza ragioneria, più che altro per mandarmi fuori dalle balle”.
Celentano?
“C’è sempre e c’è sempre stato”.
Così suona mistico.
“Ma d’altronde io ne andavo matto già da ragazzino, lo aspettavo in via Gluck. Poi qualcuno ha iniziato a dire che gli assomigliavo e così è nata la nostra amicizia. Ufficialmente ero un cantante del Clan, ho fatto anche due dischi buttati subito da qualche parte. Nei fatti ci divertivamo come matti. Peccato poi sia arrivata Claudia. Era prepotente, non potevamo più fare gli scemi come prima”.
Cambiò tutto?
“I primi anni furono comunque molto belli. Mi portarono perfino con loro in una fuga d’amore a Madonna di Campiglio. Dovevamo rimanere una settimana, tornammo dopo non so quanti mesi. Non guardavo calendari, giornali, nulla. Arrivammo a Milano e mi sorpresi che gli alberi fossero in fiore”.
Mi scusi, ma nella fuga d’amore eravate quindi lei, Claudia e Adriano? Ci credo che non la sopportava…
“Ma no, solo all’inizio. Poi saranno arrivate altre 40, 50 persone. Ci divertivamo come bambini. Perché Celentano ha questo aspetto infantile fortissimo, che cambia completamente quando poi si mette sul lavoro. Piano piano però il gioco è finito. È rimasta la festa per il suo compleanno, il 6 gennaio, un rito. Una volta l’abbiamo organizzata al Principe di Savoia, ci sfidavamo a nascondino. Un paio non li abbiamo più trovati”.
Vi siete voluti bene.
“Tanto. Lui non è uno da complimenti ma ho sempre respirato questo affetto speciale. Ed era tutto un po’ folle. Pensa che se dovevamo andare al cinema entravamo nel secondo tempo perché se no si bloccava corso Vittorio Emanuele. Cercavamo di farci raccontare la prima parte dalla maschera che si inalberava perché stava lavorando”.
Ultimo compleanno insieme?
“Prima del Covid, a casa sua a Galbiate, un posto che ci metti una vita a raggiungere e comunque devi chiedere perché secondo me lo sposta, deve avere qualche trucco per non farsi trovare. Eravamo io, lui e Morandi, abbiamo perfino fatto un selfie. Ora è qualche anno che non vado, Adriano ha paura delle malattie e c’è stata tutta la confusione intorno al progetto Adrian. Ci ritroveremo a giocare a scopa. Non sembra ma lui va per gli 87, siamo anziani”.
Massimo Boldi ha usato per lei lo stesso aggettivo con cui ha definito Claudia Mori: prepotente.
“Ci mancava solo Cipollino. Ero prepotente perché non capiva e altrimenti era ancora lì a suonare la batteria. Io facevo un pezzo su “Le foglie morte“, lui entrava da dietro con gli strumenti e stava lì, se gli lanciavo qualcosa era solo per farlo partire. Massimo ha fatto un sacco di milioni lavorando insieme”.
Milano è diventata la sua città?
“Eccome. Ho imparato perfino il dialetto. Le mie storie nascono su queste strade, si alimentano dalla vita semplice di quegli anni, quando da Mino mi sono trasformato in Teo. Episodi a cui aggiungo un po’ di colore e che mi pare piacciano molto agli spettatori. Poi ovviamente ci sono le canzoni e i miei personaggi. Caccamo fa sempre divertire tantissimo, fondatore del giornale ‘O vicolo, tiratura dodici copie”.
Con cosa chiude?
“Improvviso, è un bel delirio organizzato. Ma di solito finisco con “L’emozione non ha voce“ di Gianni Bella. Ci sarà però anche un omaggio a Pino Daniele, Ray Charles, “Storia d’amore“ con quel fantastico assolo alla fisarmonica. E poi la canzone indovinello, sempre dal repertorio di Adriano”.
Cosa si vince?
“Chi azzecca può andare a casa!”