Brescia, 29 gennaio 2020 - Aveva solo 23 anni Elena Lonati quando il 18 agosto 2006 fu uccisa nella piccola chiesa di Santa Maria, nel quartiere di Mompiano, a nord di Brescia. Non ne aveva ancora compiuti 39 invece Francesca Fantoni, la donna di Bedizzole scomparsa sabato scorso e trovata morta nel parco del paese lunedì. Uccisa di botte, dicono carabinieri e Procura, che hanno già fermato il presunto assassino: Andrea Pavarini, 32 anni, un giardiniere, padre di un bimbo di tre mesi, compaesano della vittima.
Due donne ammazzate a distanza di 14 anni in circostanze al limite del surreale, entrambe in luoghi pubblici, i cadaveri abbandonati per ore a pochi metri dal passaggio della gente. Il destino ha mescolato beffardamente le carte e ha generato una serie di incredibili coincidenze. Perché Elena e Francesca, accomunate dalla stessa fine, hanno pure frequentato la stessa scuola: il centro di formazione professionale dell’istituto Maddalena di Canossa di via san Martino della Battaglia a Brescia, indirizzo servizi sociali, tra il 1994 e il 1997. Sono state compagne di classe, e per un periodo di banco. Serena conferma: "Eravamo in una sezione diversa ma sempre insieme. Francesca era buona, simpatica. Elena invece riservata e timida". E Angelica, in classe con entrambe: "Sono distrutta. Ho ancora in mente Francesca con la sua coda laterale e i jeans. Per niente maliziosa". Affetta da un lieve ritardo cognitivo, Kekka Fantoni aveva appena trovato lavoro. "Avrebbe aiutato le suore del paese nelle faccende domestiche. Era così felice" si rammarica il sindaco, Giovanni Cottini.
Era stata lei a contattare alcune compagne nel 2006 per informarle dell’omicidio di Elena, la cui vicenda scosse profondamente una provincia infuocata da un agosto indimenticabile, con sette morti ammazzati in diciassette giorni. "No, per favore, no. Basta. Quello che avevo da dire, l’ho detto" scuote la testa Aldo Lonati, il padre della studentessa, chiudendo gentilmente la porta di casa. La figlia fu ammazzata dal sagrestano cingalese Wimal Chamila Ponnamperumage, suo coetaneo, condannato a 18 anni e 4 mesi, e ora fuori dal carcere. "Ho perso la testa" si giustificò lui costituendosi il giorno dopo il delitto. Il giovane raccontò di aver litigato con la studentessa entrata in chiesa per accendere una candela all’ora di chiusura. Una spinta di troppo, lei cadde all’indietro picchiando la testa sull’appoggia piedi di un banco. Spaventato per quel che aveva fatto, disse di essersi procurato sacchi di plastica e nastro adesivo – questa la versione agli atti – con cui impacchettò il corpo. Lo occultò su una scala del pulpito. Elena morì soffocata. Il giorno seguente fece trovare il cadavere.