È proseguito ieri il processo per i dirigenti di Caffaro Brescia srl - Antonio Todisco, Alessandro Quadrelli, Alessandro Francesconi e Vitantonio Balocco - l’ultima società che ha gestito il polo chimico di via Milano, un tempo produttore dei cancerogeni Pcb e poi dagli anni ‘80 di pastiglie di cloro fino allo stop imposto nel 2019. Stando all’accusa ai vertici della fabbrica è imputabile a vario titolo un caso di inquinamento e disastro ambientale, omesso smaltimento di scorie pericolose e falso in bilancio. In aula, altri testi dell’accusa. Tiziana Frassi, funzionaria Arpa, ha reso conto di come all’uscita dello scarico 2, quello che dava sulle rogge delle campagne circostanti, "nel 2021 furono riscontrati 12 kg di mercurio annui a fronte di un limite di 7. Caffaro produceva clorato ma il mercurio era nelle acque di raffreddamento - ha detto Frassi - E da sempre, nonostante fossero cambiati gli obblighi giuridici, l’azienda diluiva le acque di processo con quelle di raffreddamento". Eppure c’è un provvedimento (AIA) del 2015 che lo impediva. E ancora: "Anche il Pcb tra il 2018 fece registrare un innalzamento delle concentrazioni all’esterno, un fenomeno spiegabile con un innalzamento della falda ma anche con un errata gestione della barriera idraulica e con carenze dei filtri". Beatrice Raspa
CronacaVeleni dalla Caffaro: un’errata gestione della barriera idraulica