"Sono avvenuti infortuni mortali non per fatalità o sfortuna, ma perché non sono state usate le regole della sicurezza". A dirlo Claudio Sileo, direttore generale di Ats Brescia, che per il secondo rileva come Brescia sia maglia nera in Lombardia. I dati delle Ats sono leggermente diversi da quelli dell’Inail, in quanto le Agenzie di tutela della salute non contemplano gli infortuni in itinere e registrano quelli avvenuti nel territorio di competenza, indipendentemente dalla provenienza del lavoratore. In Lombardia, quelli rilevati dalle Ats sono 49, di cui 14 in Ats Brescia, 10 a Milano, 4 a Bergamo, 4 in Ats Insubria, 4 in Ats Valpadana, 7 in Brianza, 2 in Ats della montagna. "Brescia ha l’11% della popolazione lombarda, dovremmo avere 5 infortuni mortali, mentre siamo al triplo dell’atteso. Gli accertamenti dei tecnici ci dicono che tutti sarebbero potuti essere evitati".
Formazione superficiale, addestramento non curato, ma anche la ‘frenesia del lavoro’ possono spiegare il perché di questo triste primato. "L’efficienza, la fretta, la quantità portano a mettere in secondo piano la cultura della sicurezza, dal titolare al lavoratore: le misure di prevenzione sono viste come una debolezza, un rallentamento". In Ats Brescia, il personale è ai suoi massimi storici, quest’anno sono state fatte 2.850 ispezioni di cui 333 in orario non convenzionale (dopo le 16 ed il sabato). "Si sono ridotti gli infortuni sopra i 40 giorni, stimiamo che entro fine anno saranno 80 in meno del 2023 – conclude Sileo –. Ma il trend dei mortali non cala, non è ammissibile morire perché si cade dall’alto, con i sistemi di protezione esistenti". F.P.