Nel 2018 furono 57mila coni gelato che occupavano la sala principale della Crociera di San Luca e sorreggevano un fachiro lungo quasi 20 metri, ora invece sono 18mila, profumatissimi, savoiardi che tappezzano un’intera sala di Palazzo Martinengo (Via dei Musei 30). La nuova, sorprendente, istallazione di Gabriele Picco s’intitola “The Wall” ed è una delle tappe più divertenti all’interno di “Clouds Never Say Hello”, la mostra personale dell’artista bresciano aperta fino al 18 settembre.
È lo stesso Picco ad accompagnarci tra le invenzioni che hanno trasformato le storiche stanze di Palazzo Martinengo in una versione reale della sua instancabile immaginazione, che macina ironia e malinconia, leggerezza e introspezione, realtà e fantasia. La stanza di savoiardi richiama in maniera “pop” la casa della strega di Hansel e Gretel. “Volevo - racconta Picco - immergere lo spettatore in una dimensione di fiaba, farlo entrare in un mondo fatato il più direttamente possibile, senza mediazioni o suggestioni indotte”. In effetti basta varcare la soglia della stanza per essere investiti da un piacevole odore di dolci, e trovarsi senza accorgersene a sorridere. “Mi piaceva l'idea di questo legame con la quotidianità, con una cosa familiare e semplice, collegata a situazioni casalinghe, come appunto preparare un dolce facendosi trascinare nei ricordi”.
E la sensazione di trovarsi in un sogno, curiosando tra gli angoli della mente di Picco, accompagna lo spettatore durante tutto il percorso, dove grandi protagoniste – come il titolo della mostra suggerisce – sono un classico della poetica dell’artista bresciano: le nuvole. A Palazzo Martinengo ce n’è per tutti i gusti: di vari tipi di marmo, di plastica, d’inchiostro. C’è addirittura una tomba in cui la fanciullesca fantasia di Picco ha seppellito proprio una nuvola scomparsa. “Per me – dice l’artista – le nuvole sono delle sculture naturali. Ma sono monumenti tanto belli quanto evanescenti. Che durano il tempo di uno sguardo. Sono opere d’arte spontanee che simboleggiano l’effimero”.
In una delle sale ci sono le riproduzioni in scala ridotta, declinate in vari modelli, di una delle opere più famose (e più copiate), “Cloud”, una vera Fiat 500 degli anni Settanta sul tetto della quale è legata una gigantesca nuvola in pvc ‘parcheggiata’ come scultura permanente nel Parco delle Madonie in Sicilia. Un’immagine iconica che molti collezionisti privati hanno poi commissionato a Picco negli anni. Nella mostra bresciana la stessa opera viene riproposta utilizzando i modelli di auto più celebri: oltre alla 500, ci sono uan Fita 124, una Citroen Dyane e una Ds "Squalo" e una Renault 4. Le macchine con la nuvola sul tetto sono un’immagine così immediata e piena di stratificazioni che subito catturano sguardo e immaginazione. “In queste opere – spiega Picco – c’è la mia fascinazione per le nuvole, utopisticamente imbrigliate sopra il tetto di una macchina, come una sorta di bagaglio dei desideri, ma anche un riferimento all’infanzia. Alle macchine che guardavo da bambino mentre ero in viaggio, che erano il contraltare materiale e tutto terreno allo spettacolo che si componeva nel cielo”.
La piccola, piacevole, odissea nella mente di Picco passa poi per altre opere che affrontano con (apparente) leggerezza temi sostanziali come la solitudine, l’amore, il sesso, la morte. Fino alla tappa finale: nell’ultima sala lo spettatore si trova davanti un massiccio letto di legno antico, dal cui materasso si innalza un albero dai rami spogli abitato da un canarino rosso. Un sogno, del quale non si colgono fino in fondo i contorni, nel quale non si sa se aver paura o sorridere, che destabilizza con il suo cortocircuito surreale e, ancora una volta, giocoso tra i concetti di nascita, morte e sogno.
La mostra è accompagnata da una voluminosa monografia edita da Skira in ci sono raccolte le centinaia di opere prodotte dall’artista tra il 1998 e il 2022.