Stipendi inferiori del 20% rispetto ai colleghi che lavorano all’estero: gli infermieri italiani sono tra i meno pagati in Europa. Lo evidenzia il rapporto dell’Ocse ‘Health at a Glance Europe 2024’, che proprio alla remunerazione degli infermieri dedica un focus. La media europea è di 39mila e 800 euro annui mentre in Italia la cifra è di 32mila e 600 euro. Per quanto riguarda la Lombardia, uno spaccato regionale arriva dai dati di Almalaurea, che monitora la condizione occupazionale dei laureati. Andando a guardare i laureati nelle discipline infermieristiche, a 3 anni dalla laurea si va dai 1.501 euro mensili per i laureati dell’Università di Brescia, ai 1.733 di Pavia e della Statale di Milano (1.834 euro gli uomini, 1.657 le donne); è di 1.719 euro la retribuzione media a un anno dalla laurea dei laureati di Università Vita Salute San Raffaele (1.826 gli uomini, 1.691 le donne).
Dopo la pandemia e con la crescita galoppante dell’inflazione del 2021 e del 2022, la crescita reale dei salari degli infermieri ha avuto sorti diverse tra i vari Paesi europei, ma in Italia si è fermata all’1%. Un problema, quello delle retribuzioni, che condiziona anche l’appetibilità della professione, contribuendo al gap di infermieri rispetto al fabbisogno. “È sicuramente uno dei motivi principali e fondamentali. La professione infermieristica ha un contratto, e di conseguenza uno stipendio, che non è più decoroso per un professionista che, quotidianamente, svolge un’attività di altissima qualità ed elevata responsabilità – commenta Stefania Pace, presidente OPI Brescia e coordinatrice regionale OPI della Lombardia -. Ma ci sono altri motivi che contribuiscono alla carenza. Assistiamo a una scarsa possibilità di percorsi di carriera, attraverso progressioni che siano legate alla formazione e alla esperienza e che consentano di valorizzare chi acquisisce competenze elevate. Inoltre - continua Pace - non abbiamo nessun contributo o aiuto economico per la nostra formazione, in particolare per coloro che conseguono titoli attraverso la formazione post laurea ed è un vero peccato perché i nostri percorsi universitari sono di alto livello, selettivi, e siamo molto ricercati dagli altri stati europei”.
Non a caso esercitano all’estero circa seimila infermieri lombardi, formati in Italia (quattromila solo in Svizzera). “Ma perché non valorizziamo i nostri professionisti, anche al fine di ridurne l’esodo? Perché – conclude Pace - non valorizzare una delle professioni più importanti, belle e ricche di valore e di valori?”.