Como, 31 luglio 2024 – Per diventare un buon poliziotto non bastano l’arma e il distintivo, servono la testa e il cuore, inteso come coraggio di rischiare la propria vita ma anche la capacità di creare empatia con gli altri. Attitudini che l’agente in formazione Alessia Russo, appena 23 anni, da alcuni mesi in forza alla Questura di Como, ha dimostrato di possedere domenica pomeriggio salvando la vita a una coetanea che minacciava di gettarsi nel vuoto da 20 metri di altezza, dopo essere salita sul tetto di un centro commerciale.
Era di pattuglia con i due colleghi quando dalla centrale vi hanno mandato a Camerlata, cos’è successo?
“Siamo arrivati sul posto con la squadra. Il più anziano (Pasquale Avallone, assistente capo coordinatore, ndr) è rimasto giù cercando di parlare con la ragazza e di distrarla, io sono salita su di corsa con l’altro ragazzo (Domenico Clemente, agente in prova, ndr). L’abbiamo trovata in piedi che urlava e parlava contemporaneamente al telefono sempre con il 112 che cercava di tenerla occupata. Al nostro arrivo ha visto comunque un volto femminile, quindi diciamo che per un secondo ha ritrovato un po’ di calma, in quel frangente di tempo abbiamo cercato di avvicinarci perché ci siamo accorti che la situazione stava diventando sempre più pericolosa. Finché non l’abbiamo vista mettersi a sedere e tentare di lanciarsi nel vuoto”.
Sembra la sequenza di un film, voi cosa avete fatto?
“A quel punto abbiamo agito d’istinto, non ci abbiamo pensato un secondo e ci siamo lanciati. Siamo riusciti ad afferrarla mentre era già per metà penzoloni nel vuoto. L’abbiamo tirata e poi l’ho abbracciata per tenerla a terra, anche perché lei ha cercato di divincolarsi e lanciarsi di nuovo. A questo punto le ho parlato e ho cercato di tranquillizzarla fino all’arrivo dei soccorsi”.
Cosa vi siete dette?
“Ho cercato di farla parlare per capire quali sono stati i motivi che l’hanno spinta a fare questo gesto estremo. Lei si è aperta e ha empatizzato con me”.
Le sue sensazioni durante l’intervento?
“Ho reagito istintivamente, penso che ciò che ho scritto sulla maglia, la parola Polizia, significhi anche dover agire di pancia a volte. Non so spiegare quando l’ho presa l’emozione che ho provato, è stato devastante. Solo in quel momento ho realizzato che era lì con me”.
L’immagine di quell’abbraccio ha fatto il giro d’Italia, cos’ha provato?
“Anzitutto quell’abbraccio è stato sentito. Lei aveva bisogno di conforto e ne avevo bisogno anch’io. È una cosa inspiegabile, anche se era una sconosciuta è stato quasi intimo. Ne avevamo bisogno tutte e due, io per capire quello che era successo e lei perché era in crisi totale”.
Adesso come sta? L’ha rivista?
“Non siamo rimaste in contatto, ma ci rivedremo di sicuro”.
Cosa si sente di dirle?
“Vorrei far passare un messaggio di speranza. La vita è dura e difficile, ognuno ha le sue sfumature, ma vale la pena viverla fino all’ultimo. Ci sono associazioni e numeri di aiuto, le forze dell’ordine sono qui non per fare “i cattivi” e gli arresti, ma per cercare di dare una mano anche in questo senso. Vorrei dirle di non farlo più e di ripensare a quel giorno”.
Cosa le ha lasciato questa esperienza?
“Mi porto le emozioni di questo intervento così particolare e l’amicizia tra colleghi, non ero lì da sola ed è stato importante. E quello che c’è stato con lei mi ha fatto crescere come persona”.