Asso (Como) - Dritti al petto, mortali. L’autopsia svolta ieri dal medico legale Giovanni Scola, ha rivelato che il decesso del luogotenente Doriano Furceri è stato praticamente immediato. Un esito compatibile con la ricostruzione fatta dal brigadiere Antonio Milia durante l’interrogatorio di venerdì: "Mi ha salutato con un sorriso che mi sembrava provocatorio – ha detto - e gli ho sparato". I due si erano incrociati nell’atrio della caserma di Asso, dove la vittima era appena uscita dal suo ufficio e aveva salutato il piantone, per salire nel suo alloggio. "Mi ha detto "ma cosa fai?" e ha fatto per scappare – ha proseguito Milia - ma la porta si apre verso l’interno". Solo pochi passi, prima che venissero esplosi gli altri due colpi, a bruciapelo.
Ieri mattina è stato portato a Verona, dove ha affrontato l’interrogatorio con il Gip del Tribunale Militare, Maurizio Lubrano. Il giudice non ha replicato l’interrogatorio, chiedendo solo una conferma di quanto contenuto nel verbale di venerdì. Ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare in carcere, senza accogliere la richiesta del difensore di Milia, l’avvocato Roberto Melchiorre, di trasferirlo in un luogo di cura adatto alla sua condizione di salute. Ma una volta tornato al Bassone, il medico che lo ha visitato ha ritenuto che le sue condizioni mentali non fossero compatibili con il carcere, e ne ha disposto il trasferimento in ospedale. Al giudice, ha detto di non sentirsi ancora in pace, e di non riuscire a togliersi quella sensazione di persecuzione nei suoi confronti che per mesi aveva vissuto nei confronti di Furceri.
Durante la confessione, aveva raccontato che si sentiva spiato, che temeva di essere intercettato, che controllassero i suoi orari e che si osservassero i suoi spostamenti. "Mi sentivo spiato – ha detto – pensavo che ce l’avesse con me. Mi sentivo in pericolo e da giorni giravo con la pistola addosso". Poi l’incontro nel corridoio della caserma, lo sguardo del suo comandante, che Milia ha interpretato come una provocazione, e gli spari. Da quel momento, sono iniziate le tredici ore di trattativa, durante le quali Milia più volte ha sperato che facessero irruzione facendo fuoco: "Ma il tempo passava e non entrava nessuno". Ora, davanti a una piena confessione e a una ricostruzione di quanto accaduto avvenuta praticamente sotto gli occhi di tutti, la strada da percorrere è una sola: stabilire la presenza o meno di un vizio di mente. Ma allo stesso tempo, se dovesse emergere una condizione di salute mentale alterata, dovrà anche essere in qualche modo approfondita l’eventuale colpa di chi non ha saputo comprendere la potenziale pericolosità di Milia.