Campione d’Italia (Como) – Rinvii di almeno un anno tra un’udienza e l’altra, la depenalizzazione di alcuni reati, la prescrizione per altri. Il processo che coinvolgeva mezzo Comune di Campione d’Italia con una quantità di imputazioni, già dimezzate al termine dell’udienza preliminare a cui era approdato nel 2021, ieri è stato definitivamente smantellato ancora prima di iniziare. A dibattimento erano arrivati, tra gli altri e con contestazioni a vario titolo, gli ex sindaci Maria Paola Mangili Piccaluga e Roberto Salmoiraghi e i rispettivi segretari comunali, il Comandante della polizia locale Maurizio Tumbiolo, e il capo area economico finanziaria del Comune, Emanuela Radice. Si parlava di omessi versamenti di canoni alla Regione, false residenze, mantenimenti di posti di lavoro a parenti degli indagati, rinuncia ai crediti esigibili dalla casa da gioco nel 2013 e 2014.
Ma nel frattempo la riforma dell’abuso d’ufficio, intervenuta dopo la richiesta di rinvio a giudizio, aveva già azzerato metà delle ipotesi di reato, e ieri mattina, davanti al Tribunale Collegiale di Como, è stata dichiarata la prescrizione dei reati di falso. Solo due capi di imputazione su undici sono sopravvissuti, falsi ideologici che sono tuttavia di competenza del Tribunale Monocratico al quale sono stati inviati per una nuova calendarizzazione.
L’indagine che si era allargata a macchia d’olio, era partita da poche righe di esposto presentato in Procura a Como il 16 febbraio 2016 da Roberto Salmoiraghi e da Alfio Balsamo, all’epoca consiglieri di minoranza, per denunciare “quanto sta accadendo nel Comune di Campione d’Italia a seguito del comportamento della società che gestisce il Casinò Municipale”. Un piccolo allarme relativo ai mancati versamenti delle ultime due decadi del 2015, che tuttavia – andando al di là di ogni immaginabile intento – si era trasformato in una reazione a catena capace di far crollare un intero sistema: quello che ruotava attorno al Casinò di Campione e allo stesso Comune, entrambi falliti nel giro di alcuni mesi.
Da quella stessa segnalazione, era partita l’indagine arrivata ieri all’ultimo capitolo, con 17 indagati in differenti ruoli: le imputazioni elencavano la rinuncia a crediti da parte del Casinò per un ammontare di 61 milioni di franchi tra 2013 e 2015, oltre ad altri 30 milioni del 2012. Ma anche l’aver consentito la dilazione dei crediti scaduti nei confronti del Comune, causando “il dissesto finanziario ed economico dell’ente comunale dichiarato il 7 giugno 2018, in presenza di una situazione debitoria non inferiore a 32 milioni di franchi svizzeri”. Le contestazioni di falso materiale e ideologico – uniche sopravvissute – vengono mosse ai due ex primi cittadini, ai due segretari comunali e alla dirigente, ma anche ai revisori dei conti del periodo tra 2012 e 2017, per aver “attestato falsamente nella contabilità dell’ente dati e circostanze, determinando l’approvazione di rendiconti di gestione che alteravano il risultato di amministrazione”.