Cantù (Como) – Dall’interesse dei clan per il salotto buono della provincia comasca, alla tranquillità. E dalla pace, ancora alla violenza. Cantù: in principio erano gli uomini delle cosche. Non pagavano, provocavano risse e aggressioni, picchiavano a sangue ragazzi che non avevano fatto nulla, decidevano chi poteva entrare o meno nel locale. A loro discrezione, senza averne titolo, semplicemente sulla scorta di intimidazioni. Faceva tutto parte di un disegno preciso: far capire ai titolari dei locali di piazza Garibaldi, che avevano bisogno di un servizio di security affidabile, che sarebbe stato garantito da loro.
Secondo i carabinieri che avevano portato avanti le indagini, sfociate negli arresti del 2017 e in una raffica di condanne, era un piano preciso per arrivare a controllare il territorio, partendo dai bar del centro di Cantù. Un paio d’anni in cui piazza Garibaldi era diventata un luogo inavvicinabile. Nell’estate del 2016, il gruppo calabrese che faceva capo ai Morabito era arrivato a poter entrare in qualunque locale della piazza senza pagare le consumazioni, comportandosi da padrone. Il 15 ottobre 2015 il titolare di un bar aveva trovato un proiettile calibro 9 parabellum sul tetto della sua auto, il 26 novembre a un passante, dopo un diverbio con il gruppo di criminali, erano stati sparati diversi colpi di pistola contro l’auto. Il 10 gennaio era scoppiata una grossa rissa fuori da una discoteca, e cinque giorni dopo una molotov aveva incendiato l’insegna del locale. Il 31 gennaio, alcuni ragazzi erano stati ferocemente aggrediti senza motivo.
Episodi diventati un unico capo di imputazione a carico di nove arrestati, tra cui il trentenne Giuseppe Morabito. Ma non erano stati questi i momenti peggiori. La sera del 10 ottobre 2017, Domenico Staiti e Rocco De Pretis, avevano sparato sei colpi di pistola contro Ludovico Muscatello, ferendo alle gambe il nipote del boss di Mariano Comense, condannato in Crimine-Infinito. Rivelando così l’ormai evidente contrasto tra Muscatello e i Morabito nella gestione del territorio. A dicembre 2016 un altro componente del gruppo, Antonio Manno, era stato arrestato per il tentato omicidio di del barman di un locale di piazza Garibaldi: gli aveva sparato al volto e al torace con un fucile a canne mozze, a causa di un diverbio. Dopo quella parentesi, piazza Garibaldi era tornata a essere lo spazio di incontro della città, il luogo in cui ci si incontra, si chiacchiera, si beve qualcosa senza correre il rischio di venire presi a pugni. Poco alla volta, quello spazio sembra essere stato colonizzato da un’altra ondata criminale, questa volta popolata da giovanissimi. Che aggrediscono, feriscono, rapinano. Non solo tra coetanei: sabato notte è andato in scena un triplice tentato omicidio. "Sono stato provocato", ha provato a difendersi il diciottenne che è stato fermato, dopo essersi presentato dai carabinieri quando i suoi tre amici erano già stato individuati. Tre minorenni sottoposti a fermo: hanno 14, 16 e 17 anni. Reda Tamra, 18 anni di Cantù, attende con loro l’interrogatorio di garanzia. I feriti, di 44, 33 e 28 anni, migliorano. Ancora tutti da chiarire i motivi dello scontro. Resta, nel mezzo, un luogo di aggregazione che non riesce a trovare pace.