Como, 3 agosto 2024 – Strano destino quello di Como, resa famosa in tutto il mondo dal lago che porta il suo nome ‘Como Lake’ è davvero ospitale solo con chi può permettersi di soggiornare nei suoi hotel di lusso che in questa stagione superano abbondantemente i mille euro al giorno. Tutti gli altri devono arrangiarsi e chi non può è indesiderato. In primis i senza fissa dimora ai quali il sindaco Alessandro Rapinese, eletto con una lista civica che rimarca la distanza con i partiti ed è in carica ormai da due anni, vorrebbe sospendere anche la colazione distribuita all’alba dai volontari della Caritas, le parrocchie e le tante associazioni di volontariato raggruppate nella rete civica Vicini di Strada.
Nel corso dell’ultima seduta del Consiglio comunale ha spiegato che “nove su dieci dei problemi che ha questa città sono per gli irregolari”, spiegando che le colazioni “creano assembramenti” creando concentrazioni di “soggetti problematici” che poi i problemi che sorgono “se li grattano quelli che vivono in quella zona”. Qualche giorno dopo tornando sull’argomento in un’intervista in radio ha spiegato che le persone che ricevono le colazioni, molti dei quali sono migranti: “Rifiutano ogni forma di integrazione, 9 volte su 10 li peschiamo dopo la colazione con la marijuana in tasca e con la birra in mano, spendiamo valanghe di soldi per aiutare i più deboli, ma aiutare qualcuno non deve mettere nei guai qualcun altro”.
La città di don Malgesini
Parole che fanno ancora più effetto in una città dove ormai quattro anni fa, il 15 settembre del 2020, don Roberto Malgesini fu colpito a morte da un migrante proprio mentre stava caricando la sua auto per uscire a portare le colazioni a chi di notte dorme per strada. Ancor oggi in piazza San Rocco i volontari che hanno raccolto il suo testimone servono le colazioni a partire dalle 7 del mattino, succede la stessa cosa anche alla parrocchia di San Giuseppe e nei giardini di piazza Vittoria, di fronte al tribunale cittadino. In piazza San Rocco nel luogo dove fu ucciso don Malgesini, “il prete degli ultimi” come lo conoscevano in città o il “martire della carità verso i più poveri” come lo definì Papa Francesco, oggi a ricordarlo c’è una croce e pochi fiori. “Nella città di Como vivono tra le 250 e le 300 persone senza dimora – spiegano i volontari della rete Vicini di Strada –. Noi ci occupiamo di queste persone garantendo loro servizi, in risposta ai loro bisogni primari, ma promuovendo soprattutto occasioni di incontro e inclusione. Parliamo di servizi di base, come mensa e dormitori, ma anche équipe di strada, proposte artistiche e ricreative, quali occasioni di incontro tra cittadini con e senza dimora, e progetti sperimentali per il contenimento di abusi di sostanze e alcool in connessione con i servizi territoriali”.
A rendere tutto più difficile è la precarietà in cui vivono queste persone, anche se a Como non per forza chi vive in strada è un emarginato o un migrante irregolare, ci sono anche diversi italiani e stranieri con un permesso di soggiorno in tasca o addirittura la protezione internazionale, che però non coincide con il diritto ad avere un tetto sopra la testa. Da anni a Como ha chiuso il Centro migranti, ma quelli sono rimasti e continuano ad arrivare perché la città è un crocevia per chi cerca di fuggire in Nord Europa, magari tentando di attraversare la Svizzera. Nei giorni scorsi c’è stato l’ennesimo sgombero in via Regina Teodolinda, negli spazi di un’ex supermercato che era diventato un rifugio per chi vive in strada, con il risultato che i senza fissa dimora si sono trasferiti in piazza San Rocco di giorno e di notte affollano il porticato dell’ex-chiesa di San Francesco, che il Comune ha annunciato di voler chiudere con un’inferriata per mantenere il decoro.
"Non solo immigrati: ci sono anche molti italiani”
“Eppure fra loro ci sono anche diversi italiani senza casa – sottolineano i volontari di Como Accoglie –. Non sono necessariamente delinquenti ma è evidente che spesso hanno fragilità o dipendenze che sviluppano trovandosi a vivere in strada. Scacciarle in meandri sempre più remoti della città, privandole di coperte, risorse e dignità, non tutela né la nostra sicurezza né la nostra umanità. Nel nostro piccolo cerchiamo inoltre di dare risposta, attraverso i nostri progetti casa, al grave problema abitativo che tocca tutti i cittadini del nostro territorio, con particolare grave svantaggio per gli stranieri, per i quali anche a fronte di documenti in regola e contratto di lavoro a tempo indeterminato, trovare un alloggio è pressoché impossibile, mentre il patrimonio immobiliare del comune vede troppi appartamenti sfitti e in disuso”. È talmente vero che ormai in centro gli unici a poter accedere agli affitti, quelli brevi di Airbnb, sono i turisti e così molti sono stati costretti a trasferirsi in periferia o fuori città. Resiste solo chi ha molto da spendere o niente da perdere, la contraddizione del nostro tempo o forse le due facce della stessa medaglia.