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Decisa a Roma la sorte dei coregoni

La sorte dei coregoni del Garda è ancora incerta: nuove uova non sono autorizzate da 3 anni. La tutela della biodiversità contrasta con l'attività dei pescatori. Nuovi studi scientifici potrebbero cambiare la situazione, ma la decisione ministeriale arriverà solo a giugno.

Resta ancora appesa al filo della decisione ministeriale la sorte dei coregoni del Garda, dove l’immissione di nuove uova non è autorizzata da ormai 3 anni. La ragione del divieto è legata alla tutela delle specie autoctone, quelle presenti prima del 1500: secondo gli studi Ispra, coregone e carpione, nel Garda, non possono convivere, perché il secondo, specie autoctona, rischia di soccombere rispetto al primo, specie endemica. La tutela della biodiversità, tuttavia, mal si concilia con l’attività dei pescatori professionisti gardesani, per i quali il coregone rappresenta il 70% del pescato (è uno dei simboli della gastronomia locale). Per un dietrofront, servirebbero nuovi studi scientifici in grado di confutare quelli di Ispra: arriveranno, come annuncia l’assessore regionale all’Agricoltura Alessandro Beduschi. La Lombardia si sta muovendo per finanziare nuovi studi scientifici, ma nel frattempo tutto resta in stand by: una decisione dal Ministero non sarà presa prima di giugno. Va detto che alcune deroghe sono state concesse, sia per il lago d’Iseo che per quello di Como, mentre, secondo quanto riferito dal Ministero in un’interrogazione parlamentare a ottobre, non erano arrivate richieste per il Benaco. Oltre al divieto d’immissione, è stato prorogato fino al 31 gennaio (invece che fino al 15) il divieto di pesca del coregone, in base ai provvedimenti emanati da Regioni Veneto e Lombardia, condivisi con la Provincia autonoma di Trento che agirà in modo analogo. Il motivo? L’acqua troppo calda, per effetto dei cambiamenti climatici, provoca un ritardo della frega di questo pesce, che si riproduce a temperature più rigide di quelle attuali. F.P.