Como - Non era un prete da cerimonie don Roberto Malgesini, ma quella di ieri probabilmente sarebbe piaciuta anche a lui. Non tanto per la targa con inciso il suo nome, a intitolare lo slargo dove esattamente un anno fa fu ucciso, ma per quella croce semplice com’era lui posata all’ombra di un’albero, nel punto esatto in cui si consumò il suo martirio diventato nel frattempo luogo di pellegrinaggio. Soprattutto gli sarebbe piaciuta la promessa del vescovo di Como, Oscar Cantoni, di mettere a disposizione la casa parrocchiale di San Bartolomeo per proseguire la sua opera di aiuto verso gli ultimi. "Sono grato al sindaco e all’amministrazione comunale per aver disposto che il luogo dove don Roberto è stato ucciso fosse dedicato alla sua memoria – ha detto il vescovo di Como – Credo che questa intestazione, che oggi compiamo, rispecchi veramente tutta la stima, la vicinanza e l’affetto che i comaschi continuano ad attribuire a questo nostro prete, che ci ha insegnato con i fatti, senza clamore, come diventare fratelli e fare di questa città un luogo di accoglienza nei confronti di tutti".
In prima fila a seguire la cerimonia c’erano gli volontari della parrocchia di San Bartolomeo e i gli "amici" di don Roberto, ovvero i clochard e i migranti in lacrime proprio come un anno fa quando l’intera città rimase attonita di fronte alla notizia che un sacerdote era stato accoltellato a morte di fronte alla sua chiesa. "Lungo il corso di questo anno si è sviluppato per la luminosa figura di don Roberto un interesse straordinario da parte di tante persone, in Italia e all’estero - ha sottolineato il vescovo nel corso dell’omelia della messa di suffragio celebrata ieri sera - Commossi per la sua testimonianza di vita, in quanto cristiano e prete, molti si sono sentiti interrogati sul loro modo di essere discepoli di Gesù. Non si tratta di imitare don Roberto, il suo stile è irripetibile, ma di cogliere il modo con cui egli ha operato. A San Rocco don Roberto ha saputo sviluppare un approfondimento della sua chiamata, ha voluto condividere dal di dentro e più da vicino, in modo stabile, le sofferenze degli altri, i drammi, le solitudini, soprattutto di quelli che la società scarta, quegli “ultimi” che non interessano a nessuno, a cui nessuno bada". Invece lui l’ha fatto a tal punto da meritarsi il martirio per mano di uno di loro, Ridha Mahmoudi ex operaio di 53 anni tunisino finito per strada dopo aver perso il lavoro e ossessionato dall’idea di essere espulso dall’Italia dopo il divorzio dalla moglie.
Nel suo delirio anche don Roberto faceva parte del complotto per revocargli il permesso di soggiorno e per questo si meritava di morire. Una sentenza già scritta e messa in atto nel modo più vile e brutale: Mahmoudi ha avvicinato don Malgesini che stava caricando la sua Panda per iniziare il giro delle colazioni ai senza fissa dimora e fingendo di avere bisogno di aiuto l’ha colpito a morte con un coltello. Così se n’è andato il prete degli ultimi, ma Como non l’ha dimenticato.