Aveva già detto tutto Papa Francesco un anno fa, il 16 settembre del 2020, il giorno dopo l’assassinio di don Roberto Malgesini, nell’udienza del mercoledì in Sala Nervi, di fronte ai fedeli arrivati da tutto il mondo. "Desidero ricordare in questo momento don Roberto Malgesini, sacerdote della diocesi di Como che ieri mattina è stato ucciso da una persona bisognosa che lui stesso aiutava. Una persona malata di testa - aveva detto il Santo Padre - Mi unisco al dolore e alla preghiera dei suoi familiari e della comunità comasca e come ha detto il suo vescovo rendo lode a Dio per la testimonianza, cioè per il martirio di questo testimone della carità verso i più poveri". Le parole che non erano state scelte a caso quelle di Papa Francesco, in particolare nel passaggio che fa riferimento al martirio, tornato di attualità in questi giorni con la conclusione del processo a Ridha Mahmoudi, il suo assassino, condannato all’ergastolo, e la richiesta presenta in contemporanea dalla famiglia e dalla diocesi di Como di avere in consegna i beni e gli abiti del sacerdote, in particolare la tau che portava al collo riconsegnata alla madre.
La diocesi aveva chiesto di entrare in possesso anche dell’arma del delitto, ma la Corte di Assise di Como ha detto di no perchè come prevede la legge dovrà essere distrutta. Richieste che non sono casuali, ma anzi sono la logica conseguenza delle parole del Papa: avviare l’istruttoria per la beatificazione di Roberto Malgesini che per chi l’ha conosciuto, a Como e in Valtelina, è già un santo. La procedura prescritta dal diritto canonico è contenuta nella Costituzione Apostolica Divinus Perfectionis Magister, promulgata da Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983.
Per iniziare una causa occorre che trascorrano almeno 5 anni dalla morte del candidato. Per consentire maggior equilibrio e obiettività, nella valutazione del caso e per far decantare le emozioni del momento. Tra la gente deve essere chiara la convinzione circa la sua santità (fama sanctitas) e circa l’efficacia della sua intercessione presso il Signore (fama signorum). Ad iniziare l’istruttoria è competente il vescovo della diocesi in cui è morta la persona di cui è richiesta la beatificazione. Il gruppo promotore (Actor Causae) chiede al vescovo l’apertura dell’istruttoria. Il vescovo, ottenuto il nulla osta della Santa Sede, costituisce un apposito Tribunale diocesano. Terminata l’istruttoria diocesana, gli atti e la documentazione passano alla Congregazione delle Cause dei Santi a Roma. La prova dell’esercizio eroico delle virtù. Nel caso di don Roberto il miracolo non è necessario perchè sarebbe riconosciuto il martirio.