Magni
altra mattina al bar, riuniti per l’aperitivo, mancava il Mario, detto “Mariett“ le cui assenze sono ricorrenti. Qualcuno si è chiesto ad alta voce "Ma perché el Mariett, ‘na volta el gh’è, un’altra el gh’è nò?". Gli hanno risposto che “el Mariett“ è sempre un “po’ per aria“, incerto, ansioso. "El pensa semper che ghe manchi la terra sutta i pè", è stato lapidario il solito Carletto. "Sembra sempre che gli manchi la terra sotto i piedi". Anche in italiano questo modo di dire così pieno di significati mi ha fatto tornar il mente un personaggio a suo modo vitale: il Giando di Como. Il Giandomenico Clerici, scapolo, che era un po’ dentro, un po’ fuori dal mondo del giornalismo comasco. Qualcuno non lo prendeva in considerazione, altri lo avevano se non proprio amico del tutto, in grande simpatia, anche perché raccontava sempre qualche bella storia. Io gli ero amico. Veniva quasi tutti i giorni nella redazione de “Il Giorno“, con notizie assai curiose. Una volta grazie al Giando feci anche un piccolo “scoop“. Le sue storie più belle erano sempre in bilico tra realtà e fantasia, come quando raccontava di una punizione che, subita mentre era militare imboscato all’ospedale di Baggio, gli permise di ottenere una piccola pensione. Avvenne che dopo aver sostenuto un sacco di visite mediche, un mattino in camerata gli comunicarono che era atteso dal colonnello. Camminò in fretta, pieno di ansia verso il comando: "Seri talment agità che me mancava la tera sotta i pè". Fu così che non si accorse che incrociava un azzimato tenentino e non lo salutò militarmente come voleva il regolamento. Mentre gli annunciavano che era stato congedato, irruppe il tenentino che pretese una punizione per il mancato saluto. Giando si beccò cinque giorni di Cpr (camera punizione di rigore) che il colonnello non gli fece scontare: "Vai a casa scontali in famiglia". Quei cinque giorni in più che valsero un’estensione della “naia“ gli permisero di raggiungere, assieme a una volontaria, il quorum per la piccola pensione. emiliomagni@yahoo.it