Erba (Como), 30 giugno 2015 - Un convegno per ricordare. Per ricordare Cristina Mazzotti, a quarant’anni dalla morte, voluto dalla Fondazione Cristina Mazzotti, presieduta dalla madre, Carla Antonia Airoldi Mazzotti. Il tema è «Il disagio giovanile, familiare scolastico, lavorativo e personale». Si tiene venerdì con inizio alle 9 a Erba, al centro congressi di Lariofiere. Intervengono don Luigi Ciotti, Carlo Smuraglia, Nando Dalla Chiesa, Gianvittorio Caprara, Emilio Magni, un nutrito gruppo di operatori sul territorio.
È il 26 giugno del 1975 nell’Italia divisa fra le Br e i Nar, tormentata dalla piaga dei sequestri di persona. Cristina Mazzotti sta rientrando nella villa di famiglia a Eupilio, a bordo di una Mini ,con gli amici Emanuela e Carlo, con cui ha festeggiato gli esami di maturità. Sono gli ultimi a vederla viva. Cristina si consegna ai suoi sequestratori, un commando di uomini con il passamontagna giunti a bordo di due auto, una Giulia e una 125. Cristina rivolge un gesto rassicurante agli amici prima di allontanarsi con i suoi rapitori. Sparisce. Helios Mazzotti, il padre, è un industriale nel settore dei cereali. Paga un riscatto di 5 miliardi di lire, una cifra esorbitante per l’epoca. Non serve.
Il corpo di Cristina viene ritrovato in avanzato stato di decomposizione nella discarica di Varallino, vicino a Sesto Calende. È stato sepolto in un fazzoletto di terra, sotto una carrozzina e una bambola rotta. L’autopsia stabilisce che è lì da almeno una quarantina di giorni, non riesce a accertare se era ancora viva quando è stata sepolta. Alla fine vengono processati in dieci di una banda «mista»», composta da persone della Lombardia e da calabresi vicini alle cosche. Il processo si chiude con otto ergastoli e due condanne a 23 anni di carcere. Papà Helios non ne vede la fine: è morto l’anno prima di crepacuore.