
Tempi duri per le lucciole in Canton Ticino. A differenza di quel che accade in Italia oltreconfine la prostituzione è legalizzata e le lavoratrici del sesso pagano persino le tasse, ma anche così i problemi non mancano, specie da quando a scombinare le carte ci si è messo il coronavirus. Tutta colpa della nuova legge approvata nei mesi scorsi dal Gran Consiglio del Canton Ticino che limita il lavoro delle lucciole ai locali a luci rosse e gli appartamenti delle ragazze che però devono notificare la loro attività alla polizia. Un modo per evitare il rischio di ritrovarsi vicine di casa scomode, con il rischio di compromettere la tranquillità del condominio e la rispettabilità del vicinato. Non è un caso che nei rigorosissimi piani regolatori dei Comuni svizzeri sono censite aree ben precise in cui si può esercitare il mestiere. Fin qui tutto bene, se non fosse che proprio in virtù di questa nuova norma alle prostitute è vietato anche raggiungere i clienti nel loro albergo o andare a trovarli a casa. Fino all’arrivo del Covid la nuova legge non aveva quasi creato problemi, ma adesso che nei locali i dopo le 18 è obbligatorio presentarsi con un documento all’ingresso per facilitare il tracciamento, in Canton Ticino tra i clienti è scoppiata la rivolta. Per evitare di lasciare i propri dati personali a un locale a luci rosse in tanti hanno provato a ripiegare chiamando le ragazze a casa, ma in quel caso sono le lucciole a rifiutarsi per non essere multate. Insomma un gran pasticcio, non certo l’unico per le realtà a cavallo della linea di confine.