Magni
Al circolo degli anziani alcuni degli habitué stavano commentando, con grande apprensione, l’incidente stradale in cui era incorso un amico finito in condizioni gravissime all’ospedale. Qualcuno si sciolse in uno: "Speremm" con qualche lacrima. Poi è entrato Carletto il quale, notata la scena, disse subito: "No el Pepin l’è migliurà, l’è fouera pericul". La notizia fu accolta con gioia, mentre la “sciura Cesarina“, ha detto con aria di sollievo: "Menu mal, gh’avevi un strangujon". Il colorito termine usato dalla donna per esprimere il suo stato d’animo, deriva da “strangolare“, dunque un angoscia, apprensione così forte da stringerti la gola. Significa pure ambascia, preoccupazione, apprensione, dolore morale: mali che non si riescono proprio a “mandare giù“. Vi sono aneddoti su questa parola. Uno di questi arriva dai tempi dell’ultima guerra, dei bombardamenti di Milano che si abbatterono soprattutto nell’agosto del ’43, che fecero tanti morti e distrussero mezza città. Già alcuni mesi prima le incursioni aeree avevano portato distruzione e morte nei quartieri milanesi. Sicché tanta gente era fuggita lontano. A Erba ne giunsero molti. Erano gli sfollati. Quando il treno tornava a Erba, di pomeriggio, o verso sera, c’era una folla che attendeva in trepidazione. Per intendersi bastava solo un’occhiata tra chi era stato a Milano a vedere e chi era in attesa. Poi erano gesti di disperazione, o sorrisi di liberazione. Mi ricordo che ero un bambino. E talvolta accompagnavo i miei compagni di giochi, figli di sfollati, che andavano alla stazione con i genitori per incontrare parenti, o amici che arrivavano con il treno. Rammento di una donna anziana che vidi correre incontro a un signore che era ancora sul predellino, avvolto da un nugolo di vapore. "Allora?". Chiese la donna. "Tutto a posto": le gridò lui sorridendo. Poi aggiunse: "Stai tranquilla". La donna quasi si inginocchiò, alzò le mai al cielo e uscì con un "Menu mal: gh’avevi un strangujón".
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