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Vanessa Ciriaco convive con la Trombocitopenia immune o malattia di Werlhof
La testimonianza di chi riesce a parlare apertamente della sua malattia rara, sempre con il sorriso e la giusta dose di semplicità e ironia. “Mi sono resa conto che la mia malattia è la mia compagna di vita, perché dovrei nasconderla?”, si chiede Vanessa Ciriaco, che quest’anno compirà 23 anni. Vanessa, che vive a Limido Comasco, in provincia di Como, è affetta da una malattia rara autoimmune, la Trombocitopenia immune o malattia di Werlhof. “Praticamente fegato e milza entrano in conflitto e, “per sbaglio”, gli anticorpi eliminano le mie piastrine”, spiega.
“Mi sono ammalata quando avevo 11 anni, sono stata molto fortunata perché dall’esordio alla diagnosi sono passate solo 5 settimane, devo ringraziare il mio ematologo che mi ha accompagnata fin dal principio e ha giocato un ruolo fondamentale”. “Mi ha sempre messa al corrente di tutto e ha trovato il modo giusto per spiegarmi la malattia in un momento di transizione come quello che affronta una bambina di 11 anni”, sottolinea Vanessa. “Mi ha fatto capire che è importante conoscere la propria condizione per poterla gestire al meglio: questo mi ha permesso di non avere paura”.
L'esordio della malattia
I ricordi di Vanessa sui primi sintomi della malattia sono legati a un momento molto dolce e alla sua passione per i motori: “Era il 2 agosto, stavo disegnando per mio papà un biglietto di auguri con lo stemma della Ferrari, usando un pennarello indelebile rosso. Ho notato dei puntini rossi sulle braccia, ma lì per lì non gli detti tanto peso: pensavo di essermi sporcata, invece quei puntini rossi erano i miei capillari che stavano scoppiando.
Prima di questo episodio io e la mia famiglia ci eravamo resi conto di alcuni lividi che avevo sulle gambe, ma avevamo ipotizzato che me li fossi fatti giocando con mio fratello, più piccolo di me di 6 anni”, ricorda. “A fine agosto, mentre andavo sulle giostre, noto un altro livido, questa volta molto più grande, sulla mia pancia. Da lì, mia madre decise di portarmi dal pediatra”.
Per Vanessa inizia così il percorso all’ospedale San Gerardo di Monza, con un emocromo che rilevava il basso valore delle sue piastrine e il prelievo al midollo osseo che ha permesso la diagnosi.
Quella stanchezza cronica
“Da quel giorno ho capito che la mia vita non sarebbe stata più la stessa”, ammette. Così come non nasconde le difficoltà dei primi mesi: “Con il cortisone la situazione è peggiorata, poi ho fatto una “terapia d’urto” via flebo che però ho rigettato. Con il mio ematologo, che ha come filosofia quella di guardare alla qualità della vita del paziente, abbiamo deciso di non proseguire con le terapie, visto che stavo abbastanza bene. Ad oggi continuo a fare controlli ravvicinati, durante le mestruazioni assumo pastiglie per evitare emorragie”.
“Sì, a volte è difficile: con gli anni ho iniziato a soffrire di una stanchezza costante, la malattia ormai è diventata cronica. Ma non l’ho mai nascosta, ne ho sempre parlato apertamente, ho capito che esistono circostanze peggiori”, afferma Vanessa con tono deciso. “C’è chi vuole capirmi e saperne di più rispetto alla mia condizione, così come c’è chi non vuole capire. Alle mie coetanee ho sempre cercato di spiegare la mia malattia con le stesse parole semplici che i medici hanno usato con me”.
I “tre limiti” e la consapevolezza di se stessa
Vanessa poi parla dei suoi “tre limiti”: non può andare sopra i 2000 metri d’altitudine per via della pressione (“ma chi se ne frega della montagna, vado al mare”, scherza), non può fare sport di contatto, non può assumere specifici antidolorifici. “Quando è arrivata la stanchezza, un altro sintomo tipico della malattia, ho dovuto fare un cambiamento di mentalità, imparando a gestirla. Cerco di dosare bene le energie con degli accorgimenti, ma non mi precludo niente”, spiega, lei che ama viaggiare e vivere le gare in circuito.
“Sono fiera di me stessa, quando è iniziato tutto questo non pensavo che sarei riuscita a gestirla. Ho imparato da sola e non è scontato, anche se è un percorso in continua evoluzione e il giorno in cui rischi di non star bene è sempre dietro l’angolo. Pensare positivo è un buon punto di partenza: sono felice e grata di poter gestire quello che ho al meglio”. “Non ho la pretesa di cambiare il mondo, ma se la mia storia può aiutare qualcuno ben venga. Quest’anno mi sono laureata con una tesi sul comunicare la malattia, partendo dall’accezione negativa del passato: ora c’è molta più apertura rispetto anche a 10 anni fa”, conclude.
L’ultima domanda per Vanessa è proprio sul mondo dei motori che tanto ama: “Quest’anno in MotoGP secondo me se la giocano Marc Marquez e Pecco Bagnaia, mentre in Formula 1 spero che vinca Charles Leclerc, è il mio pilota preferito. Mi sono appassionata alle corse proprio per lui: mio padre e mio fratello sono sempre stati appassionati, mentre per me l’amore è scoppiato dopo la sua vittoria a Monza nel 2019”.