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Dopo la segnalazione a Telefono Azzurro, la ragazza, ora sedicenne, è stata presa in carico dai carabinieri di Turate e collocata in una comunità per minori
Turate (Como), 17 febbraio 2025 – Persino il flauto le era vietato, perché la musica era ritenuta dal padre un’attività “non adeguata alle donne”. Per non parlare dei social network, del cellulare e di un abbigliamento uguale a quello delle sue coetanee. La convivenza di un’adolescente marocchina con il padre e la sua nuova compagna era diventata poco alla volta una sorta di prigionia. Anche chiamare la madre in Marocco era un lusso che le veniva concesso in base all’umore della coppia, 49 anni lui e 37 lei, ora a processo per maltrattamenti in famiglia. A denunciarli, a fine agosto 2021, era stata la 16enne, dopo cinque anni in quelle condizioni. Durante l’ennesimo momento di sconforto, si era sfogata con una coppia conosciuta al parco. Era stata fortunata: quei due adulti avevano chiamato subito il Telefono Azzurro. La ragazza era stata così presa in carico dai carabinieri e collocata in una comunità per minori, con la nomina di un curatore speciale che l’ha assistita fino alla maggiore età.
L’inchiesta
Nel frattempo le indagini, coordinate dal sostituto procuratore di Como Antonia Pavan, sono proseguite, ricostruendo come si svolgeva la vita della ragazzina. L’adolescente doveva occuparsi di tutte le faccende domestiche, indossare velo e abiti lunghi. Il divieto si era esteso anche alle frequentazioni e all’ambiente scolastico: anche andare a lezione era diventato poco gradito. Le era stato impedito di avere il cellulare anche per la didattica a distanza e di seguire le attività extrascolastiche di cui beneficiavano i compagni. Le amicizie erano poco gradite al padre, quelle maschili praticamente vietate. In aggiunta un atteggiamento costante di vessazioni, offese, minacce e violenze fisiche e morali, che l’avevano gettata in una condizione di prostrazione e infelicità.
L’aiuto prezioso delle amiche
Una situazione notata anche dalle amiche, diventate testimoni e ascoltate dai carabinieri durante le indagini. Padre e convivente hanno deciso di affrontare il processo dibattimentale, negando di aver mai maltrattato o posto limitazioni alla ragazza. All’apertura del processo davanti al tribunale collegiale di Como, la figlia ha confermato ogni dettaglio di ciò che aveva raccontato all’epoca, inclusi alcuni episodi coerenti con quanto avevano notato anche le amiche.