Como – Per il tentato omicidio della ex compagna, il venticinquenne Michael Patellaro sconterà 13 anni di carcere. La sentenza è stata letta ieri dal Gup di Como Elisabetta De Benedetto, che ha leggermente ridotto la richiesta del pubblico ministero Alessandra Bellù, che era stata di 14 anni, al netto delle riduzioni previste dal rito abbreviato. Il giudice ha inoltre stabilito una provvisionale di 60mila euro a favore della vittima, Erika Dessi, 21 anni, che si era costituita parte civile ed era presente ieri.
Detenuto a Monza, Patellaro ha pronunciato poche parole con cui ha chiesto scusa, prima che il giudice si ritirasse in camera di consiglio per quantificare la condanna di un fatto per il quale la responsabilità dell’imputato era assodata: la sera del 12 ottobre scorso, all’interno dell’appartamento di via Nino Bixio, in cui entrambi vivevano, aveva raggiunto la ragazza in camera da letto, colpendola con 14 coltellate che l’avevano raggiunta al volto, al collo e nella parte superiore del corpo, sfiorandole la colonna vertebrale e perforando un polmone. Era stato lui, poco dopo, a chiamare i soccorsi, dopo essersi allontanato di casa per poi tornare sui suoi passi e chiedere aiuto.
Per questo il suo difensore, l’avvocato Livia Zanetti, ha chiesto che gli venisse riconosciuta l’attenuante. Nessuno sconto invece per le sue condizioni mentali, che il consulente, nominato dalla Procura, aveva dichiarato disturbate dal punto di vista della personalità, che si era rivelata ossessiva, ma senza che si potesse qualificare come vizio di mente. Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Como, erano sfociate nell’arresto immediato di Patellaro e in un’accusa di tentato omicidio aggravato dalla relazione affettiva.
Le imputazioni per le quali è stato condannato ieri, comprendevano anche altre accuse: maltrattamenti pregressi emersi durante le indagini, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, per aver aggredito un poliziotto durante la sua identificazione in Questura. Patellaro, che solo ad aprile aveva chiesto di essere interrogato, dopo mesi di detenzione, non ha mai motivato quell’aggressione, i cui motivi rimangono tuttora ignoti.