Gravedona e Uniti (Como) – Le piste alternative che Massimo Riella ha sempre indicato nel tentativo di essere scagionato dalle accuse di rapina, non hanno convinto nemmeno i giudici della Corte d’Appello di Milano, che hanno confermato la sentenza di primo grado, con una leggera diminuzione: 8 anni di reclusione per la rapina (al posto dei 9 rimediati in primo grado) e sei mesi per la detenzione di un centinaio di munizioni e due pugnali.
A processo, il cinquantenne di Gravedona, noto per la sua evasione mentre veniva accompagnato sulla tomba della madre nel cimitero di Brenzio, era finito per una rapina pluriaggavata commessa il 9 dicembre 2021 a casa di due anziani coniugi: la donna 88 anni, e il marito 91, erano stati aggrediti e gettati a terra facendogli sbattere la testa, il marito preso per il collo, minacciati con un coltello dicendo che li avrebbe ammazzati mentre si impossessava di 800 euro.
Riella si è sempre difeso, sostenendo che in quella casa non nera mai entrato, e indicando persino altri possibili colpevoli. Ma i giudici di Como - Valeria Costi, Veronica Dal Pozzo e Valerio Maraniello - al termine del processo di primo grado che si era concluso il 12 ottobre scorso, non avevano avuto dubbi: Riella non aveva alcun alibi, e si trovava nei pressi dell’abitazione delle vittime nell’orario in cui era stata commessa la rapina. Era inoltre, sottolineavano nelle motivazioni, un soggetto con particolari doti atletiche "obiettivamente non comuni", compatibili con la capacità di arrampicarsi su un balcone, e il suo dna era stato rilevato sulla mannaia sequestrata nella casa delle vittime, mentre su un suo indumento era stata trovata una traccia della vittima. Quanto bastava per affermare la sua colpevolezza.