EMILIO
Cronaca

Mè vegnù un futtun. Sono arrabbiato

Il signor Giuseppe racconta il suo sdegno verso un vigile urbano che gli ha multato l'auto per un parcheggio non regolare. La parola "futtun" esprime la sua rabbia in dialetto milanese.

Mè vegnù un futtun. Sono arrabbiato

Il signor Giuseppe racconta il suo sdegno verso un vigile urbano che gli ha multato l'auto per un parcheggio non regolare. La parola "futtun" esprime la sua rabbia in dialetto milanese.

Magni

Gli anziani come quasi tutte le mattine erano in sosta al “canton di ball“, all’angolo della piazza, per tirar mezzogiorno chiacchierando. A un certo punto però il signor Giuseppe, per gli amici “el Pepin“ ha cominciato a guardare con occhio torvo un vigile urbano, che transitava a piedi sul marciapiede di fronte, lanciandogli qualche strale verbale, anche se cautamente a bassa voce. Qualcuno gli ha chiesto il perché di tanto sdegno. Allora ha spiegato a voce alta: "Mi quand vedi quel lì me ven subite l futtun, me spurisnen i man". Quando gli capitava davanti agli occhi quel vigile nell’animo del “Pepin“ si scatenava una gran collera e gli prudevano le mani. Il signor Giuseppe poi ha spiegato che qualche mese addietro, essendo i parcheggi pieni, aveva posteggiato l’auto un po’ storta e fuori di meno di mezzo metro dalle strisce del regolare spazio. La vettura non dava alcun fastidio al traffico, ma il vigile , in giro per scoprire mezzi in divieto, aveva considerato quel parcheggio per mezzo metro non in regola ed aveva appioppato una multa. Qualche tempo dopo “el Pepin“ aveva ricevuto la raccomandata del Comune: 33 euro di ammenda, da pagare subito. Quindi quando gli capiva quel vigile davanti “ghe vigneva el futtun“ e la voglia era di muovere le mani. Ma ogni volta però la ragione ne poté più della pur straripante collera. “Futtun“ è il superlativo di “fotta“ che come dicono i dizionari del dialetto milanese, il “Cherubini“ in testa, vuol dire “rabbia“, “collera“. L’amico “Luis de Melz“ (Luigi Manzoni di Melzo) grande esperto e appassionato del dialetto milanese, anche quello antico, ha scoperto questo termine usato da Carlo Francesco Risi, nel libro “Versi Seri e Umoristici“ (1872): "l’è una fotta" è nella poesia "On’altra fortuna". Per gli esperti della parlata vernacolo il termine sarebbe ormai desueto. Io però me lo ricordo quando mio padre si arrabbiava e tirava in ballo un bel “futtun“. L’etimologia è incerta e non ha nulla a che fare con “fottere“ parola della lingua italiana.

mail:emiliomagni@yahoo.it