ROBERTO CANALI
Cronaca

Como, nuove di zecca le monete del tesoro romano: ancora tanti segreti da svelare

Domani la presentazione del volume sulla remota vicenda. A seppellire le ricchezze, un senatore oppure un’autorità militare o civile

Nuove di zecca le monete del tesoro romano

Como - Un tesoro che cela ancora tanti misteri quello composto da mille monete d’oro di epoca tardo romana ritrovato nel settembre 2018 durante i lavori di sbancamento dell’ex cinema Cressoni. Ci vorranno anni, forse decenni per fare piena luce su un ritrovamento tra i più importanti effettuati in Italia nell’ultimo secolo, raccontato in volume di quasi 400 pagine scritto da Grazia Facchinetti ed edito dall’Istituto Poligrafico e dalla Zecca di Stato, che verrà presentato domani alle 17 in anteprima nell’auditorium della biblioteca civica.

Un pool di archeologi, storici, numismatici e scienziati ha studiato ogni aspetto del tesoro, composto da 1.000 solidi e gioielli, ma i segreti da svelare sono ancora tanti. Tra i pochi punti fermi c’è il periodo in cui il tesoro fu sepolto, occultato in un recipiente di pietra ollare deposto in posizione il più possibile verticale in una buca scavata in un punto riconoscibile, per recuperarlo successivamente. In base alle monete ritrovate, la data potrebbe essere compresa tra aprile o luglio del 472 d.C. e il 22 ottobre o il 2 novembre dello stesso anno.

«Il tesoro è composto da monete con scarsissime tracce di circolazione, e per il 74,4 % da monete battute nell’arco di 17 anni, dal 455 al 472 d.C., in larga parte (80,8 %) nella Zecca di Milano". Un’epoca turbolenta per l’Italia settentrionale, dal 470 controllata da Ricimero che, dopo aver rotto i rapporti con il suocero Antemio, si era ritirato a Milano. L’attacco portato contro la città di Roma, posta sotto assedio fra l’autunno 471 e gli inizi del 472, si era risolto con la vittoria di Ricimero e dei suoi alleati, l’uccisione di Antemio e l’elezione di Anicio Olibrio.

Chi ha occultato il tesoro a Como probabilmente era legato a Ricimero e poteva temere per i beni di cui disponeva dopo la morte del magister militum e di Anicio Olibrio. «I profili con queste caratteristiche a mio avviso, potrebbero essere due – conclude l’autrice – Un grande possessore, forse di rango senatorio, che aveva la possibilità di vendere il surplus delle produzioni agricole effettuate nei suoi fondi allo Stato e ad altri acquirenti e il cui patrimonio poteva essere compatibile con il possesso di una liquidità di 1.000 solidi oppure un ufficio militare o civile che disponeva di denaro per le spese correnti e straordinarie". Di certo non è mai riuscito a recuperarlo, forse è morto prima.